Vini migliori d’Italia 2017: l’Irpinia sbanca con il Taurasi

Dal Sannio all’Irpinia, attraverso un unico filo conduttore: il vino.

Il Taurasi Poliphemo 2012 di Luigi Tecce si aggiudica il primo posto nella classifica dei 100 vini più pregiati d’Italia, custoditi all’interno della guida “Vini D’Italia 2017”, superando etichette più blasonate come Barolo Monprivato in Castiglione Falletto 2011 e Barbaresco Pajè Vecchie Viti 2011.

Già un po’ di tempo fa parlammo, della bontà del “Poliphemo 2008”, proveniente dal piccolo borgo medievale che si erge sulla valle del Calore. Dalla Ripa, da cui prende nome il piccolo gioiello gastronomico, si potevano scorgere le grandi vigne dell’Aglianico. Taurasi, Castelfranci, Nusco, Montemarano e Partenopoli. Appunto, qui nasceva allora un neonato, elevato a nettare da un saggio vignaiolo di nome Luigi Tecce. A quel tempo il Poliphemo era solo un aglianico: scorbutico, potente, ribelle, scontroso. Un giovanotto che in se racchiudeva mille virtù e cento difetti, da dover governare, tenere a bada, allevare, coccolare.

Da allora il Poliphemo è diventato adulto, maturo, un fuoriclasse del Taurasi, fino a diventare memorabile. Mai nome più giusto per indicare la capacità di spingersi lungo rotte mai navigate, alla scoperta di tesori nascosti che si fondono in una bottiglia inimitabile.

Lugi Tecce si è messo alla prova ed è riuscito a realizzare un vino diverso, diverso da quelli prodotti dai grandi magnati vitivinicoli: sulla stessa lunghezza d’onda che portò la Falanghina de La Guardiense ad essere premiata tra i migliori vini d’Italia 2015.

Poliphemo, un gigante ben lontano dalle etichette commerciali ma dal prezzo accessibile (circa 45 euro), è stato scelto tra 300 bottiglie selezionate dopo 20mila degustazioni.

“Chi lo sceglierà e acquisterà, avrà davanti a sé nel bicchiere uno dei migliori Taurasi mai prodotti – dichiarano i critici della guida fornita da “L’Espresso” -. Un vino figlio della sua terra, carnoso, sanguigno, sferico e poi sfaccettato. Estremamente consigliato per domeniche piovose, dinanzi ad un camino accompagnato da un sontuoso stracotto, in questo periodo; oppure per le serate fresche d’estate, quando ci si annoia del rito dei bianchi estivi.  Oppure in solitudine come il Ciclope, per meditare, pensare, creare, volare e possibilmente amare. Ascoltando Vinicio Capossela, che di questo vino, è un autentico cultore.

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