“Dopo queste città viene Cuma, fondazione assai antica dei Calcidesi e dei Cumani e la più antica fra tutte le colonie di Sicilia e d’Italia”.
Così Strabone parla di Cuma nella sua opera Geografia (V, 4), definendola “antica fra le colonie” e, sicuramente – i dati archeologici lo dimostreranno tempo dopo – una potenza importante nel panorama mediterraneo, situata a 25 Km a ovest della città di Napoli sulla costa tirrenica di fronte all’isola di Ischia e all’interno dell’attuale Parco Archeologico dei Campi Flegrei.
Dal 2001 ai piedi della rocca sulla quale è situata l’acropoli della città, un’equipe del Centre Jean Berard (CNRS – École française de Rome), in collaborazione con il Collège de France, lavora per riportare alla luce l’antica necropoli cumana.
L’ultima scoperta è assolutamente interessante: un’antica tomba dipinta, datata al II secolo a.C. con pitture perfettamente conservate che raffigurano un banchetto.
Da diversi anni, gli archeologi lavorano in un settore della città antica al di fuori di una delle porte principali delle fortificazioni settentrionali, dove si è sviluppata, nel corso dei secoli, una grande necropoli.
Durante il II secolo a.C. furono diverse le costruzioni funerarie a camera di tipo ipogeo, con volte a botte e facciate monumentali costruite con blocchi squadrati in tufo. L’accesso alle tombe avveniva tramite un lungo corridoio, un dromos, mentre l’accesso alla porta della camera funeraria era bloccato da un grande blocco di pietra.
Solitamente questi edifici ospitavano più inumazioni, disposte o in cassoni o su letti funerari. I corredi rinvenuti e la tipologia architettonica mostrano l’elevato tenore sociale dei defunti e l’ultima scoperta non può che confermare quelle precedenti.
Lo scorso giugno i ricercatori, guidati da Priscilla Munzi e Jean-Pierre Brun, hanno scoperto una tomba con un’eccezionale scena figurata i cui temi risultano poco consueti per questo determinato periodo cronologico. Una figura maschile nuda, stante, che sorregge con la mano destra una brocca in argento e nella sinistra un calice. Ai lati, un tavolino e alcuni grandi vasi tra cui un cratere a calice, una situla e un’anfora. Sulle pareti laterali altre scene con paesaggio. Pochi sono gli elementi recuperati del corredo perché la tomba è risultata violata nel corso degli anni, ma fortunatamente sono sufficienti per confermarne la datazione.
«Il Parco Archeologico dei Campi Flegrei sostiene in forma sistematica la ricerca, con particolare riguardo a quella internazionale – ha commentato il direttore del PaFleg, Paolo Giulierini che accolto entusiasta la scoperta – e considera il rapporto con il Centro Jean Bérard una collaborazione di altissimo profilo. La scoperta, che arricchirà il museo e il Parco, è in primo luogo fonte di grande progresso scientifico e storico»