La sposa birmana, un romanzo sull’indipendenza

La prima opera dell’autrice Ma Ma Lay edita in Italia da O barra O edizioni

“La sua vita non aveva più consistenza di quella di un burattino gelosamente conservato in una scatola di lacca e oro; una marionetta preziosa, che però doveva mettersi a ballare ogni volta che lui le tirava le cordicelle… Finché lui l’azionava, non le era richiesto alcuno sforzo personale.
Altrimenti era l’inerzia totale: non poteva nemmeno muovere le mani”.

Anni ’40, Birmania. Il paese lotta per la sua indipendenza, la stessa che caratterizza le donne che vi abitano: forti, tenaci legate alle loro abitudini, credenze e autosufficienti. La protagonista Wai Wai, vive una vita semplice, si occupa dell’azienda di famiglia e del padre, oramai anziano e malato. Ha una sorella ed un fratello, la prima sposata ed il secondo vive lontano da casa e lotta contro il colonialismo britannico e l’imperialismo giapponese. La madre, invece, li ha lasciati da giovane per dedicarsi completamente alla vita monastica.

La vita della protagonista viene stravolta, in tutti i termini negativi possibili, dall’arrivo di U Saw Han, un birmano dalle usanze inglesi. La ragazza, giovane ed ingenua, si innamora e lo sposa, firmando la sua stessa condanna e non tenendo conto di quanto le loro differenze culturali potessero incidere sulla sua vita. Il marito infatti, la costringerà a vivere in una gabbia d’oro. Lei non riuscirà mai a ribellarsi.

Non ho molte parole per raccontare La sposa birmana. Mi ha spezzata in due, mi sono sentita consumata come Wai Wai, la giovane donna protagonista di questa storia. Illusa e incapace, come chi si lascia trascinare dagli eventi. La sua abnegazione non è riuscita, però, a farmi arrabbiare come credevo. Al contrario, mi ha creato una forte reazione empatica.

La scrittrice, Ma Ma Lay nasce nel 1917, diventa giornalista e nel 1939 fonda insieme al marito il settimanale “The Journalgyaw”, nome che utilizzerà anche per la sua carriera di scrittrice. Il suo intento, fu quello di utilizzare tale romanzo come una metafora politica.

Il romanzo ha ricevuto il Premio nazionale di letteratura nel 1955 ed è divenuto il libro birmano di maggior successo, tradotto in varie lingue. È la prima opera dell’autrice edita in Italia.

Nella veste donatagli da O Barra O edizioni, è magnifico. Leggetelo, assolutamente.

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