Cristian Rago, classe 96, musicista laureato, con il massimo dei voti, in batteria e percussioni Afro Cubane al Conservatorio G. Martucci di Salerno ed appassionato, maestro, dell’arte presepiale, è uno dei 100 artisti, di tutto il mondo, ad esporre la propria opera in Vaticano in occasione della VII edizione della mostra “100 Presepi in Vaticano”, rappresentando la Campania. Salernitano doc di fatto interrompe un primato finora appartenuto ai napoletani, maestri eccellenti nell’arte del presepe.
Rago, musicista professionista, ha sempre vissuto d’arte ed in particolar modo, sempre affascinato nella creazione di presepi monumentali di altissimo impatto visivo, ancorati alla tradizione settecentesca con un’attenzione peculiare ai dettagli. “Sono in continua ricerca dello sbaglio perfetto! – afferma l’artista – L’atto d’amore che c’è dietro qualsiasi forma d’arte è da sempre motivo di rivoluzione del proprio io, dell’inconscio più profondo, dell’espressione emotiva e sentimentale, che muove gli occhi e la mano con il pennello è libera di agire, spinta da un entusiasmo a tratti preoccupante per quanto sia magico l’atto stesso! Quasi una sensazione incontrollata, alla fine di ogni mia opera, mi soffermo e penso con l’aria imbambolata, ma come ho fatto? Non ricordo nemmeno un passaggio di ciò che ho fatto! E se tutto procede bene qualche lacrima non la risparmio!”
Cristian ha ereditato la passione per i presepi dal padre che lo portava – “Mio padre si divertiva a dilettarsi, io ovviamente ho dato a quest’arte un ulteriore posto artistico nella mia vita, questa è vera e propria arte”. Da credente qual è Cristian dà grande rilievo alla Parola sacra – studiando tecniche e storie, ha imparato a conoscere ogni pastore e il suo significato, ogni oggetto e ogni struttura architettonica.
“Stracci di un passato” è il titolo dell’opera che verrà esposta in Vaticano dall’ 8 dicembre 2024 al gennaio 2025. La scenografia rappresenta una vecchia facciata di un fabbricato, probabilmente di un antico casato, testimonianza le maioliche dipinte a mano sul pavimento, dove il tempo ha ormai fatto il suo dovere, a ridare vita al vecchio portone diroccato, è quello che sembra ormai il deposito di qualche viandante, che trova riparo sotto un drappeggio di fortuna su di una sedia malconcia, i frutti della natura colorano i rami intrecciati del pergolato naturale, nella cesta giace il pescato, qualcuno probabilmente l’avrà poggiato lì in attesa di rincasare, gli animali sono di passaggio e le condizioni igieniche non sono delle migliori! Ma questa “vita” fa sì che lo scenario abbia di nuovo la sua luce, nonostante le ombre del “buio abbandonato”, alla fine della giornata i chicchi d’uva torneranno a vedere le tenebre, finché qualcuno non provveda alla loro raccolta, il fiasco impolverato, le ceste in vimini, la frutta e le altre cibarie imbandiscono così per dire il terrazzo in cotto antico, e intanto Il Verbo “diventa” carne, non si accontenta di “apparire” nella fragilità delle sue creature, ma condivide la loro fragilità: “diventa” carne, diventa “un” uomo, sottoposto al dolore e alla gioia, alla nascita e alla morte, alla delusione e all’entusiasmo