Il suo rapporto con d’Aquino, discepolo del Principe di Sangro, e il culto massone
Il conte Giuseppe Giovanni Battista Vincenzo Pietro Antonio Matteo Balsamo è stato a Napoli. E chissenefrega. Giusto. Però quella sfasella di nomi sciorinati tutti d’un fiato, come a nobiltà s’addice, nascondono un personaggio vero.
Cagliostro è stato a Napoli. E sarebbe stato davvero insolito il contrario, anche perchè il conte Balsamo – in tempi in cui viaggiare per cinquanta chilometri già impresa era – l’Europa l’ha girata tutta. Cagliostro è attestato ovunque, da San Pietroburgo a Londra, dall’Egitto a Parigi dove ebbe una brutta disavventura per colpa di una collana e due truffatori che gli hanno fatto conoscere i rigori della Bastiglia (su quella storia c’hanno fatto pure un episodio di Lady Oscar, ma questa è un’altra storia).
A Napoli, dicevamo, Cagliostro c’è stato. Sì, ma a fare che? Non è dato saperlo. Avere la presunzione di voler ricavare certezze dalla vita dell’uomo che del mistero fece la sua personalissima ragione di vita è illusione che spingerebbe alla depressione persino il più scafato degli spioni yankee. Cagliostro è stato esoterista, pioniere della massoneria, esperto in mille e mille riti. Finì perciò i suoi giorni da eretico, nel forte di San Leo, nelle terre che furono dei Malatesta, dove i Papi rinchiudevano i loro nemici. E ciò ne amplificò la fama, inattuale, sinistra e fosca, dell’alchimista all’epoca dei lumi.
Il conte Balsamo, dicevamo, ha respirato la salsedine di Partenope. Sono molte le storie che si raccontano a proposito. C’è chi afferma che fece affari, chi invece parla di costruzioni, logge, compassi e cazzuole. Alle falde del Vesuvio creò e saldò il rapporto, solidissimo, con Luigi d’Aquino, rango equestre e cavaliere, rampollo di una delle più nobili famiglie di Napoli nonché discepolo di un altro grandissimo studioso dell’ignoto, Raimondo di Sangro aka il Principe di Sansevero. Da Cagliostro sarebbe nata la massoneria di Rito Egizio e i fratelli muratori avrebbero preso la via del Mediterraneo grazie all’opera del “Gran Cofto” Balsamo. E il rapporto tra Cagliostro e d’Aquino, quest’ultimo come erede della gran tradizione iniziatica rappresentata dal principe di Sansevero, avrebbe fatto cambiare il corso delle cose trasformando il culto massone fin lassù, in Gran Bretagna dove la freemasonry vanta i suoi natali.
Questa lettura, non diffusissima a dire il vero ma estremamente affascinante, ci restituisce una Napoli diversissima da quella che i cliché ci hanno descritto in quasi un secolo di cinema. Dietro la scorza dura d’o piscatore ‘e Puselleco che si trasforma in contrabbandiere, Napoli è capitale delle scienze. Occulte. Perché davvero ben nascoste, Napoli, scrigno di sapere e fonte di potenza spirituale, che si schermisce, sottraendosi agli sguardi dei profani, mascherandosi da lazzarona. Fingendosi inetta sa muovere i fili del mondo. Anche se rischia di rimanerne vittima. Una metafora, semplice semplice.