Voluta da Don Pedro da Toledo per placare gli ardori del vulcanico popolo napoletano
La fontana della Spinacorona detta “delle zizze” è una delle fontane di Napoli. Addossata alla chiesa di Santa Caterina della Spina Corona, si trova nel centro antico, in Via Giuseppina Guacci Nobile (vicino Piazza Nicola Amore). La fontana rappresenta la sirena nella sua versione originale, con ali e zampe d’uccello; fu costruita su ordine del vicerè don Pedro di Toledo nel 1498. Alcuni storici antichi sostengono che in questo luogo ci fosse già una fontana che risaliva ad un’epoca ben più lontana, ma questa rimane una tesi controversa.
Dai seni di Partenope zampillano getti d’acqua che si riversano sull’altorilievo del Vesuvio, scolpito più in basso, ai piedi del quale una viola sta a simboleggiare la musica, elemento inscindibile della sirena. Un’iscrizione in latino ”Dum Vesevi Syrena Incendia Mulcet” oggi sparita, incitava la divinità a spegnere il fuoco sterminatore del vulcano. Pare che don Pedro da Toledo avrebbe espresso così anche il desiderio di placare con la dolcezza gli ardori del vulcanico popolo napoletano. Ma i partenopei non sembrano aver accolto l’allusione, perché hanno sempre chiamato questa fontana delle “la fontana delle zizze” La sirena in via Gucci è una copia, l’originale è esposta nella Certosa di San Martino, museo di grande interesse dedicato ai ricordi storici di Napoli.
Da come si evince da questa antica fontana della sirena, il mito di Partenope è una pietra miliare per questa città. Omero racconta che le tre sirene, dopo aver fallito il tentativo di far naufragare Ulisse, si lasciano annegare; il corpo senza vita di una di esse, Partenope, viene portato dalle correnti sull’isolotto di Megaride (dove sorge il Castel dell’Ovo). I coloni greci erigono allora una tomba per accogliere le spoglie della sirena vergine (la parola parthènos significa “vergine”), e danno il suo nome alla città fondata nei pressi del monumento funerario. E’ un caso unico e inspiegabile nella civiltà ellenica, in quanto neanche in Grecia sono state ritrovate tracce di un culto simile. Questa venerazione per la sirena spiega, in parte, i punti salienti della cultura partenopea che nasce sotto il segno di una vergine, la quale nonostante la sua castità, lascia in eredità un uovo-Palladio, divenendo madre di una città e di un popolo. Secoli più tardi, la Vergine Maria dà alla luce un bambino che dovrebbe salvare il mondo, un’analogia che potrebbe spiegare la grande devozione dei napoletani per la Madonna.
La sirena muore, ma sulla tomba viene fondata la città. A Napoli la morte non è affatto un tabù, se ne ha rispetto come parte della vita. Il culto dei morti è una cosa naturale e per nulla spaventosa, tant’è che si pregano i morti nello stesso modo in cui si pregano i santi. La sirena Partenope accompagna le anime nell’oltretomba dopo aver ammaliato i moribondi con il suo canto. Perché meravigliarsi, quindi, di questa grande propensione dei napoletani per la musica e per la magia? E il proverbio “vedi Napoli e poi muori” non allude forse a Partenope che con la sua voce divina incanta chi sta per esalare l’ultimo respiro? A voi il libero arbitrio di credere al racconto che intreccia leggenda, mitologia e storia di una città unica, Napoli/Partenope.
Il testo è a cura di Ivan Leonello volontario del Servizio Civile impegnato nel progetto “Oro Cultura” presso l’EPT di Napoli.