
Tradizioni che si perdono nella notte dei Tempi e avvicinano storie e territori da millenni
“Rinnovatevi col Sole e a ogni Sole rinnovatevi!”. Il senso dei cento e più fuochi che a dicembre e fino a gennaio si accenderanno in tutta la Campania è tutto contenuto in questo verso di Ezra Pound.
Dalle falde del Vesuvio all’Irpinia, dal Sannio al Cilento: ovunque – anche quest’anno – rivive l’antica tradizione del falò, del fuoco che variamente chiamato e inteso, brucerà i malumori dell’anno appena passato e avviverà la fiamma dell’anno venturo. Cerimonie, queste, non solo campane ma che, anzi, uniscono tutta l’Europa da tempi antichissimi.
Il senso principale del rogo è religioso. Il vecchio Sole, ghermito dall’ombra che s’allunga ovunque, è vinto dall’inverno nel giorno del Solstizio di dicembre. Questa data è cruciale. Alfredo Cattabiani, grande studioso e storico delle religioni e delle tradizioni, nel suo Lunario spiega: “Nel passato s’interpretò il solstizio d’inverno come una morte e rinascita simbolica del sole che era la manifestazione del Sole invisibile”, intendendo quest’ultimo, quale il principio fecondatore primo, la potenza grazie a cui fiorivano i campi e ingrassavano gli armenti.
Dal sacrificio del fuoco, dunque, emerge una piccola fiamma che rappresenta la nascita del Sole Nuovo. Proprio perché si tratta di una cerimonia sacrificale è contestualmente un rito di purificazione in cui le comunità bruciano le malinconie e i guai dell’anno passato sperando nella potenza e nella fortuna ventura. Il sole si rinnova e, con esso, si rinnova lo spirito umano. Appunto Ezra Pound.
Non sono passati invano i lunghi secoli cristiani. Così, come altri mille aspetti della fede, la Chiesa ha avuto l’intelligenza di innestare su cerimonie e devozioni antichissime i culti e i riti “nuovi”. Perciò i fuochi a dicembre celebrano la Madonna, mentre le cerimonie di gennaio onorano Sant’Antonio Abate, il protettore degli animali e ovviamente del fuoco. Dato che è rito solstiziale legato al Sole, giocoforza si celebrano (e si sovrappongono) cerimonie a onore di divinità che attendono all’augurio di fecondità, in un momento dell’anno cruciale: è in inverno che il seme già piantato inizia a germogliare, se lo farà davvero (se, quindi, risorgerà dalla sua stessa ‘morte’ per inumazione) il nuovo sarà un anno buono.
Oggi la tradizione tenta di percorrere nuove vie. Lascia la dimensione comunitarie preferendo, insieme ai tempi, quella individuale. Così si traduce, negli ambienti cattolici, con la celebrazione e il dono della “luce” di Betlemme, delle candele e delle fiamme che, raccolte nei luoghi santi alla tradizione cristiana, peregrinano di chiesa in chiesa, di parrocchia in parrocchia fino a giungere in casa dei fedeli.