Maiori, una delle perle della Costiera Amalfitana, si riappropria del Complesso Abbaziale di Santa Maria dell’Olearia. Sono stati ultimati, infatti, i lavori di messa in sicurezza effettuati dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici e Etnoantropologici per le province di Salerno ed Avellino.
Riapre dunque al pubblico uno tra i più importanti insediamenti monastici benedettini dell’intero territorio amalfitano. Collocato lungo la statale amalfitana che collega il promontorio di Capo d’Orso con Maiori, il monumento è una preziosa testimonianza di arte e architettura del primo medioevo.
La riapertura avverrà il 20 giugno dalle ore 15,30 alle ore 18,30 e il 21 giugno dalle ore 9,00 alle ore 13,00. A partire dal 22 giugno e fino al 31 ottobre 2014 il Complesso sarà aperto al pubblico ogni mercoledì dalle ore 15,30 alle 18,30 e ogni sabato dalle ore 9,00 alle ore 13,00.
Notizie della sua fondazione risalgono al primo arcivescovo di Amalfi, Leone – rivestì la carica dal 987 fino alla morte, avvenuta nel 1029 – che concesse a Pietro, un eremita che viveva in compagnia del nipote Giovanni, nel luogo in cui avveniva la lavorazione dell’olio, di edificare la chiesa di Santa Maria dell’Olearia, così come è riportato nel Liber pontificalis ecclesiae amalfitanae.
Pietro era probabilmente un monaco eremita venuto in cerca di tranquillità e solitudine da qualche centro costiero della Sicilia o della Calabria, anche per sfuggire alle continue scorrerie dei saraceni, che nel corso del X secolo avevano invaso quelle regioni e causato un massiccio esodo di monaci greci.
Cresciuto in seguito il numero degli anacoreti, richiamati dalla fama di santità di Giovanni, si rese necessaria la costruzione di un vero e proprio fabbricato.
Ma l’evoluzione in senso monastico del sito avvenne dopo il 1087, allorquando l’eremo venne concesso dal Duca Ruggero Borsa a Pietro Pappacarbone, abate del monastero benedettino della SS.ma Trinità di Cava dei Tirreni.
Dell’antico complesso monastico rimangono oggi le tre chiesette sovrapposte, mentre il restante edificio è stato completamente trasformato per essere adibito a civile abitazione.
Ricavato all’ombra di un grande antro roccioso naturale, a lato della provinciale che collega Salerno con Amalfi, prima della realizzazione della strada, doveva presentare le conformazioni di un insediamento rupestre.
Per quanto suggestivi siano i connotati architettonici ed ambientali del sito, i dipinti che lo decorano però costituiscono il dato di maggiore interesse.
Essi rappresentano uno tra i più importanti gruppi di dipinti murali in Campania che ci siano pervenuti dal primo medioevo, tanto che alcuni di essi sono probabilmente i più antichi rimasti dell’epoca del ducato medievale amalfitano.
Si tratta di tre diversi cicli pittorici, tutti medievali, ma eseguiti in tempi diversi, dislocati in altrettanti ambienti sovrapposti di destinazione cultuale.