Profumo di agrumi e corrispondenze oltreoceano: la storia di Maria Imparato

L’albero di mandarini: lo splendido romanzo di Maria Rosaria Selo, edito Rizzoli

Il libro di Maria Rosaria Selo, L’albero di mandarini (edito Rizzoli), parte con un’incipit di grande impatto, quasi come fosse uno strappo, o una liberazione. Ti induce ad andare avanti, perché in quell’istante, vuoi saperne di più.

Maria Imparato, protagonista indiscussa del romanzo, capisce ben presto che se vuoi restare a galla, nella vita devi aggrapparti a qualcosa, e lei sceglie di tenersi forte alle sue radici e al suo desiderio di libertà.  

Il libro racconta la storia di mia madre, con molta onestà ed un pizzico di fantasia narrativa. Ho conservato per quasi 70 anni la corrispondenza tra lei e mio padre, queste lettere tra Napoli e il Brasile, sono diventate il canovaccio del mio romanzo. Maria nasce povera in un quartiere vicino Mergellina, suo padre era tranviere e sua madre era una sarta, cuciva le divise militari. Dopo la morte della madre, Maria prenderà il suo posto, non potendo purtroppo dedicarsi nell’immediato agli studi e al suo futuro” – mi racconta la scrittrice durante il corso di una telefonata dai risvolti piacevolmente empatici.

Siamo negli anni 50, la guerra è finita da poco e la vita di Maria sembra prendere una svolta quando incontra il marito, Tonino Balestrieri, è con lui che partirà per il Brasile, fuggendo dai pregiudizi e dall’ignoranza. A Rio de Janerio, oltre oceano, si imbatterà però in un nemico peggiore, la suocera Severina, contraria all’unione dei due. Ben presto, alla porta di Maria busserà la saudade, quella che qui a Napoli chiamiamo “pucundria”.

Maria per tutta la vita tenta di migliorarsi, di abbandonare quello scomodo retaggio che teneva cucito addosso. Nonostante le diverse difficoltà, lotta per amore dei suoi figli e per se stessa. Non rinnega l’amore per la sua città, anzi, saranno proprio quelle radici così profonde a salvarla. Quando arriva in Brasile, il porto diventa luogo di conforto per lei, osserva con tenerezza quelle movimento lento delle onde, che pian piano l’avrebbero riportata a casa. Il mare è il suo liquido amniotico, il suo elemento” – come darle torto, aggiungerei.

La nostra protagonista alla fine dei conti, prende atto del fatto, che la donna è diventata, è il risultato delle figure con cui per tutta la vita ha combattuto: quella della madre, donna severa e senza istruzione e quella della suocera, signora di alto borgo. Maria le vive e le attraversa entrambe, letteralmente, proprio come si attraversa un’onda, e quando si ritrova dall’altro lato, non è più la stessa persona che è partita per il Brasile.

Il libro si apre con i ricordi, con un’immagine poetica che la lega ad un albero di mandarini, metafora dell’attaccamento alla sua terra. I profumi della sua terra la riportano al punto da cui tutto ha avuto inizio, Napoli.

Un tempo c’è stata una grande rivoluzione, oggi agiamo e parliamo in altro modo, eppure ci portiamo ancora dietro quel velo di pregiudizio. Mi occupo di volontariato per le donne vittime di violenza ed in passato ho collaborato con il carcere di Pozzuoli, realizzando corsi di scrittura. Mi rendo conto che la più grande ingiustizia è la disparità del salario, quella è una vera sconfitta. La mia raccolta di racconti “La donna immaginaria” – che vinse il II° premio al concorso letterario L’Iguana, omaggio ad Anna Maria Ortese – fu utilizzato come testo nel laboratorio didattico”.

Maria Imperato, la sua storia ed i suoi umori, hanno portato Maria Rosaria ovunque, l’hanno tenuta compagnia, in un tempo difficile da accettare e gestire. “Ogni romanzo è un bambino, deve fare il suo percorso. La scrittura continua a salvarmi dopo tanti anni” – conclude.

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