Saranno recuperati entro la fine di maggio i resti umani individuati nella cripta sotterranea del Duomo di Pizzo, in provincia di Vibo Valentia, che si presume appartengano a Gioacchino Murat, il re di Napoli che nell’ottobre del 1815 fu catturato, imprigionato e ucciso nella città napitina.
Sarà poi il test del Dna, che verrà effettuato nei mesi successivi, a confermare o meno se quelle spoglie siano davvero del giovane sovrano. A coordinare le attività è il comitato tecnico-scientifico istituito dal Comune di Pizzo, in collaborazione con l’Associazione Murat Onlus.
La cassa che dovrebbe contenere i resti di Murat venne individuata nel 2011 grazie a una sonda con telecamera che fu calata per esplorare i sotterranei del duomo. In quell’occasione, le immagini mostrarono numerosissimi resti di corpi umani, tumulati nel corso dei secoli, a conferma della consuetudine di seppellire i defunti sotto le chiese.
Tra queste spoglie, fu individuata una cassa che corrisponde alla descrizione che alcune cronache dell’epoca fanno dell’ultimo viaggio di Murat. In particolare, dopo la fucilazione, il corpo di Murat venne composto in una cassa di abete che, durante il trasporto verso il duomo, cadde sul selciato, rompendosi. Per ovviare all’incidente, fu effettuata una riparazione di fortuna, avvolgendo la cassa con una lunga corda al fine di tenerla insieme. Ed è proprio su un feretro legato da una corda che si è quindi concentrata l’attenzione dei ricercatori. Le probabilità che contenga le spoglie mortali di Gioacchino sono molto alte, ma il dilemma potrà essere risolto soltanto calandosi nella cripta, analizzando i resti ed effettuando un prelievo per il test del Dna.