Tra paganesimo e cristianità, la cittadina irpina celebra il Santo Patrono Sebastiano
San Sebastiano, centurione romano nativo della Lombardia convertitosi poi al Cristianesimo, morì con il martirio nel 288 d.C., sotto il regno di Diocleziano, dopo essere stato legato al tronco di un albero, in aperta campagna, e saettato da alcuni commilitoni.
Nel corso dei secoli San Sebastiano è diventato il Patrono di molte cittadine, tra cui Avella, un piccolo centro in provincia di Avellino.
Secondo una leggenda che si tramanda da anni, il Santo, un tempo, era protettore solo del paesino di Sperone che, anni fa, faceva parte della cinta muraria di Avella. Un giorno, mentre la statua del martire veniva portata in processione, scoppiò un forte temporale e si decise di farla sostare sotto un portone per essere poi ripresa il giorno successivo. Gli avellani non si fecero sfuggire l’occasione: rubarono la statua e San Sebastiano, da quel giorno, divenne il patrono della cittadina irpina.
Così, il 20 gennaio di ogni anno, giorno che la Chiesa dedica al Santo, la comunità celebra il martire cristiano con la “discesa del Majo” e l’accensione del “Fucarone”, due rituali che trovano la propria origine negli antichi culti pagani.
La parola “Majo” deriva dal latino “major” e, nello specifico, indica l’albero più grande che, alcuni giorni prima della festa del Santo, gli avellani vanno a cercare e a recidere recandosi sulle alture circostanti. Si tratta di un gesto molto importante per la collettività, non solo perché rappresenta un momento di socializzazione, ma anche perché l’albero, una volta sfrondato, diventa simbolo di povertà.
Successivamente il “Majo”, dopo essere stato benedetto dal parroco, viene eretto nel centro del paese non senza fatica – a testimonianza del coraggio degli avellani – e il giorno di San Sebastiano si conduce religiosamente in processione.
Quando poi scende la sera, nella Piazza 1° Maggio, dove nei giorni precedenti i ragazzi hanno accumulato le fascine, e si accende il “Fucarone”, il falò in onore del Santo.
Si tratta di un rituale che è, al tempo stesso, oggetto di timore e di venerazione perché se la finalità del fuoco è quella di allontanare le epidemie dalle famiglie e dal bestiame, allo stesso tempo si ringrazia San Sebastiano per aver contribuito al positivo raccolto della campagna e per la floridezza dell’economia, poiché solo dalle ceneri si potrà generare una nuova vita e una nuova stagione.