
La cappella dei cannonieri e dei marinai e i gradoni di Cruzio Malaparte
Il 4 dicembre la Chiesa festeggia la solennità di Santa Barbara, il cui culto era molto radicato nella Napoli Borbonica e lo stesso Re Ferdinando ne era devoto, tanto che quando fondò nel 1851 a Scafati il Real Polverificio Borbonico, adibito alla produzione della polvere da sparo, lo intitolò proprio a Santa Barbara, la patrona degli artiglieri e degli artificieri.
Perché questo legame? Ci viene in soccorso il busto reliquiario della Santa, che un tempo era nella Sala del Tesoro dell’Annunziata Maggiore, mentre oggi è conservato nel Museo Civico di Castel Nuovo. Opera del 1607 di Lelio Gilberto, è in legno intagliato ed argento e vede la presenza di una grande torre affianco la donna. Per capirne il senso dobbiamo andare a rispolverare la storia della sua vita.

Barbara era figlia del pagano Dioscoro, egli voleva rinchiuderla in una torre per via della sua grande bellezza e temeva fosse insidiata dagli uomini, che lei comunque rifiutava sempre. Prima di entrare nella torre, si immerge tre volte in una piscina, battezzandosi da sola. Nella solitudine studia i testi dei filosofi antichi, di Origene e dei Padri della Chiesa arrivando alla conclusione che il politeismo è una farsa ed esiste un unico Dio.
Quando il padre scopre la conversione della figlia cerca di ucciderla: Barbara miracolosamente scappa attraversando le pareti della torre e volando sulle montagne. Una volta catturata viene sottoposta a terribili tormenti: le lacerano le carni, ma Cristo di notte la sana; le danno fuoco, ma le fiamme si spengono; le tagliano i seni e con un martello le spaccano la testa, ma Gesù ogni notte le cura ogni ferita ed i carcerieri di mattina la trovarono più bella di prima. Infine Dioscoro decide di decapitarla su una montagna, ma quando torna a valle un fulmine lo incenerisce. È per questo che è patrona di artiglieria, artificieri, Marina Militare e Vigili del Fuoco, tanto è vero che le polveriere vengono chiamate anche Santabarbare.
A Napoli esistono due luoghi a lei dedicati: una chiesetta e delle scale, in passato particolarmente note. Rua Catalana è una strada a ridosso del porto, dove nel XIV secolo si stabilirono i catalani, che diedero infatti il nome alla strada. Furono loro a costruire una piccola cappella dedicata a Santa Maria dell’Incoronatella. Agli inizi del XVII secolo fu restaurata dal viceré Juan Alonso Piementel de Herrera, ma nel 1898, in occasione dei lavori per la grande operazione urbanistica del Risanamento, fu demolita e ricostruita con il nome di Santa Barbara dei Cannonieri e dei Marinai, in ricordo della antica devozione di origine settecentesca intorno questa Santa.
Si tratta di un edificio modesto e piccolo, che purtroppo non ha retto l’impatto con il terremoto del 1980: visti i danni ricevuti, l’anno successivo fu infatti sconsacrata ed abbandonata a se stessa, e tuttora è chiusa senza nessuna destinazione d’uso. Il soffitto, oramai lacunoso, risale al 1916.
Ci spostiamo alle spalle di piazza Bovio e ci arrampichiamo su per il Pendino di Santa Barbara, una strada in discesa che collegava la collinetta dei Banchi Nuovi direttamente con il mare: sembra incredibile da credere oggi, ma un tempo queste scalette portavano ad una spiaggia isolata, dove sorgeva un luogo di culto dedicato alla Martire, che ha dato il nome alla zona. I gradoni sono noti agli amanti della letteratura perché sono presenti nel romanzo La pelle di Curzio Malaparte.
Le scale di Santa Barbara erano abitate, durante l’ultimo Conflitto Mondiale, dalle prostitute nane. Malaparte non è avaro di dettagli: contrappone la bellezza dei marinai americani alla bruttezza di queste donne che arrivavano giusto alle ginocchia dei militari. Essi erano incuriositi da questo mondo e nei bassi che qui si affiancano consumavano i rapporti. Non mancano i racconti di fatti particolari, come quando in una casa esposero una vergine su di un letto e le prostitute chiedevano un dollaro per pochi minuti di osservazione, oppure l’usanza, da parte delle nane, di vendere peli pubici biondi agli americani perché si sa, gli uomini sposano le more ma vanno pazzi per le bionde.

La foto del busto è di Raffaele Flavio Selvetella.