Il consigliere della Prima Municipalità di Napoli ci racconta del suo documentario sull’architetto di origini britanniche
Quest’anno ricorrono i 170 anni dalla nascita dell’architetto Lamont Young. I suoi edifici sono tra i più belli ed ammirati di Napoli, anche se purtroppo la sua particolare storia non è nota a molti. Ho avuto il piacere di parlare di questo poliedrico ed anticonformista personaggio, con Francesco Carignani di Novoli, già consigliere della Prima Municipalità di Napoli e creatore della pagina Instagram @lamontyoungnapoli dove racconta i progetti e le idee di questo geniale architetto. Come è nato il tuo interesse per Lamont Young?
“Da piccolo abitavo a Chiaia, passavo spesso davanti Castello Aselmeyer, ed ai miei occhi di bambino sembrava uscito dalle fiabe. Nel tempo ho approfondito la sua figura, fino ad appassionarmi”.
In effetti l’Aselmeyer è uno degli edifici più belli e particolari di Corso Vittorio Emanuele, che colpisce l’osservatore perché è un esempio quasi unico di architettura neomedievale. Richiama le costruzioni gotiche sia per gli archi e le torri, sia per l’uso di materiali dal sapore tipicamente antico: le bugne in pietra vesuviana per l’esterno ed il legno per gli interni. Francesco, la passione per l’architetto britannico ti ha portato a voler realizzare un documentario sulla sua vita. Ti va di parlarcene?
“Visto il personaggio così particolare, avevo da anni l’idea di girare un documentario su di lui. Durante le varie chiusure e le zone rosse, è nato concretamente il progetto e ho dato vita, sul sito produzionidalbasso.com, ad un crowdfunding con lo scopo di trovare fondi per raccontare la vita di Lamont Young, le sue opere e la sua misteriosa morte. Con me in questa avventura c’è il regista Luigi Scaglione e ci avvaliamo del supporto scientifico del Professor Alessandro Castagnano e della Professoressa Antonella di Luggo del Dipartimento di Architettura dell’Universita di Napoli Federico II”.
La morte di Young è legata ad un’altra sua monumentale costruzione del 1922, che domina dall’alto il Monte Echia: Villa Ebe. Prende il nome dalla moglie dell’architetto e divenne la residenza della famiglia. Qui, nel 1929, decise di suicidarsi senza lasciare una spiegazione per il suo gesto. Il sito ha visto grande splendore e periodi di abbandono, con l’incendio del 2000 che ha dato il colpo di grazia: le sale sono state divorate dalle fiamme e si è persa l’incantevole scala elicoidale. C’è attualmente un progetto di recupero e riqualifica, si spera che questo bene possa essere presto restituito alla collettività. Tra tutte le opere di Lamont Young qual è quella più interessante?
“Oltre Villa Ebe dove mi piacerebbe che, ultimati i restauri, si installasse un museo sulla urbanistica napoletana, c’è il Bertolini’s Hall, realizzato tra il 1892 ed il 1898 che divenne uno degli alberghi più belli a Napoli della fine dell’Ottocento“.
L’edificio, in stile neogotico, nasceva come un complesso residenziale che doveva contenere undici appartamenti, ma Young decise di modificare il progetto trasformandolo in un albergo collegato al Corso Vittorio Emanuele da un ascensore scavato nella roccia. Il brillante architetto era però un imprenditore non tanto ferrato: aveva previsto che ogni sala avesse una decorazione interna diversa ed unica. Trovandosi in difficoltà, decise di cederlo a Francesco ed Emilio Bertolini, proprietari di altri alberghi a Napoli, che lo acquistarono nel 1901. Era una struttura all’avanguardia per i tempi, divenne il ritrovo per nobiltà italiana ed europea, tutti erano innamorati dello splendido panorama che si gode dal terrazzo.
Spero che quanto prima possa vedere la luce il documentario e si possa gettare una nuova luce sulla meravigliosa figura del nostro visionario architetto.