Un’attenta analisi del “Michelangelo sul letto di morte di Vittoria Colonna”
Riaprono – finalmente! – i musei. Riapre Capodimonte, e sceglie di farlo con l’Ottocento, ripartendo con l’iniziativa ‘L’Opera si racconta’, ossia periodici focus espositivi su specifiche opere specifiche della collezione del museo. Al primo piano trova oggi posto Michelangelo sul letto di morte di Vittoria Colonna, olio su tela di Francesco Jacovacci del 1880. Grazie alla curatrice della mini-esposizione, Maria Tamajo-Contarini, ci vengono così raccontate la storia e le vicende dell’opera acquistata da Casa Savoia all’Esposizione Nazionale di Torino del 1880, il suo iter creativo, nel quale si intrecciano la scelta del soggetto, omaggio al fecondo e intimo rapporto tra Michelangelo Buonarroti e Vittoria Colonna, e il contesto artistico-culturale in cui operò Jacovacci, la Roma post-unitaria profondamente debitrice verso la lezione del pittore spagnolo Mariano Fortuny y Marsal e sensibile verso il gusto teatrale e i temi della pittura di storia.
Tanti sono i protagonisti dell’opera.
In primo piano, su una diagonale quasi ‘uscente’ dalla tela, giace la defunta Vittoria sul suo letto di morte, di un nero dominante e purissimo, una sorta di zoccolo a dividere lo spazio reale da quello figurato. Chino sul corpo della donna, Michelangelo le porge il suo omaggio: un rispettoso baciamano sulla mano. È proprio questo il fulcro della vicenda, nel centro del triangolo immaginario costituito dal volto della donna, dal suo braccio e dalla testa china del grande maestro. Il fulcro della scena è infatti volontariamente inquadrato dalle tre alte candele, punti di luce soffusa nell’oscurità e, al tempo stesso, margini ideali per delimitare il vero cuore della vicenda, trattenendovi dentro l’occhio di chi guarda.
Tutto il resto, tutto il secondo piano del dipinto, è dunque accessorio, a tratti superfluo, relegato nel buio diffuso. Lo sono anche gli altri personaggi, di cui percepiamo una presenza assolutamente non indagata ma soltanto accennata. Del resto, anche le pennellate e la resa dei dettagli in secondo piano sono trattati in maniera piuttosto sommaria, a pennellate ampie, come un segno volutamente non studiato. Ecco perché l’illuminazione museale, fioca e flebile, assume un ruolo filologicamente fondamentale, nel rispetto dell’intento originale di Jacovacci.
L’ultimo grande protagonista della tela, infine, è il tessuto, che domina la composizione dal cuscino e fino ai piedi del vestito di Vittoria Colonna, a segnare il trionfo della materialità, il trionfo del bianco, esaltato nel buio dal riverbero della luce, proveniente da una finestra lievemente aperta nell’angolo ideale alla nostra destra, eredità dal sapore quasi caravaggesco.