Le scale San Giuseppe, una via Krupp tutta puteolana

Ereditano il nome dall’omonima e settecentesca chiesa ed hanno i colori del mediterraneo

Scale, percorsi scolpiti, silenziosi e nascosti. Vie alternative, scorciatoie solitarie, le trovi in quei luoghi che hanno l’aspetto di piccoli borghi in dimensioni sospese. Il tempo qui è un vecchio orologio le cui lancette si muovono al passo lento di chi scende e chi sale. A Pozzuoli ce ne sono alcune che nascono vicino ad una chiesa e terminano tra i binari della cumana dove il rumore delle rotaie si fonde con quello dei traghetti che vanno e vengono dalle isole flegree. Queste scale hanno l’odore del mare.

Si chiamano scale di San Giuseppe, un breve pendio che prende il nome da una chiesa settecentesca con tanto di cripta in perenne restauro. Fanno ombra alla chiesa e alle scale i cancelli green di Villa Avellino, unico vero polmone verde di Pozzuoli dal 1980.

Le scale catapultano immediatamente in un’altra dimensione dove tutto è più piccolo, niente rumori, tutto è più antico. I portali sono in piperno e fiori e piante, ad ogni angolo, creano piccoli, improbabili, giardini. Qui c’è profumo di vita lenta e cibo buono consumato nei piccoli e caratteristici locali che non temono neanche la prepotente mole del seicentesco Palazzo del Viceré Don Pedro de Toledo, trasformato, in parte, in una raffinata ed elegante maison che affaccia sui Campi Flegrei.

Proseguendo la discesa verso il porto, questa piccola e caratteristica Via Pendio San Giuseppe, con un pò di fantasia, ricorda quasi la blasonata Via Krupp caprese: anche le sue timide rampe procedono a zig zag e cercano il mare ma sono più vivaci, più allegre, imperfette e più mediterranee. Del mediterraneo hanno la stravaganza e i colori. Dal 2014, infatti, sono state abbellite da quattro murales che rappresentano i quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco. Chi sono questi artisti che hanno riempito di colore, storie e riferimenti mitologici queste piccole scale? Stefania Colizzi (Phlegraiòs, fuoco), Aida Guardai (Natura Mater, terra) , Antonio Isabettini (La leggenda del delfino Simone, acqua) e Bianca Ida Gerundo (Can “Bia” – Aria, aria).


La loro arte, la loro fantasia, la loro creatività ha dato un’anima ad uno dei luoghi più caratteristici (e meno noti) della città di Pozzuoli. Uno dei riferimenti mitologici forse più famoso (e direi meglio conservato) realizzato su queste rampe, è proprio il murales relativo all’elemento acqua in cui è rappresentata la storia del delfino Simone. Noto racconto popolare, storia di amicizia tra il delfino Simone ed un giovane fanciullo incontratisi sulle sponde del Lago Lucrino, raccontato anche da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia di I sec. d. C. Il delfino Simone, divenuto amico di un giovane fanciullo, ogni giorno lo traghettava a dorso verso Pozzuoli dove raggiungeva la sua scuola. Non era un semplice pezzo di pane ad unire il delfino al bambino ma un profondo legame di amicizia che si concluse come la più triste delle favole. Morto all’improvviso il bambino per una grave malattia, anche il delfino, ormai solo, dopo un pò, si lasciò morire.


Eppure se vi capiterà di percorrere le scale di Via Pendio San Giuseppe li potrete vedere ancora insieme, felici e sorridenti, volare su un muro talmente azzurro da essere cielo e mare allo stesso tempo. Certo, dal 2014, oggi, questi murales avrebbero un bisogno urgente di essere restaurati per tornare a risplendere e a raccontare storie e leggende anche agli ignari e lenti passanti. La bellezza è ovunque sotto i nostri occhi e sotto i nostri piedi!

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