
Roma, 366 dopo Cristo. Il primo capitolo della trilogia “Ludus Magnus” conquista i lettori
Roma, 366 dopo Cristo: un barcaiolo scopre nel Tevere il cadavere di una donna che ha al dito un anello dei culti dionisiaci. A Miseno, nel frattempo, uno straniero bussa alla villa del senatore Afranio e dichiara di essere il dio Dioniso in persona. È l’inizio di una complessa vicenda di delitti e misteri sulla quale indagano il magistrato Caio Celso e il suo braccio destro Alipio. Sullo sfondo, c’è l’Impero Romano del IV secolo d.C., che ormai da anni si divide tra due capitali, due troni e due religioni. Il cadavere della donna, si scoprirà essere quello di Marzia, la figlia del Vescovo Ursino e non sarà l’unico cadavere ad essere ritrovato.
Di quale romanzo sto parlando? “Il signore delle furie danzanti”, il primo capitolo di una trilogia spettacolare firmata da Luigi De Pascalis, noto scrittore di narrativa fantastica e romanzi storici, che ha per titolo Ludus Magnus (Il Grande gioco), la più famosa caserma di gladiatori dell’antichità. La trilogia è edita Lepre Edizioni ed il primo capitolo è caratterizzato da un serie di rappresentazioni grafiche, quasi tutte al femminile.
È la donna infatti al centro di vicende intricate, giochi di potere e passioni ingannevoli. La storia è estremamente coinvolgente e la penna che l’accompagna la rende ancora più suggestiva.
Volentieri ho chiacchierato con lo scrittore, dopo essermi goduta la lettura, che mi ha condiviso con me qualche piacevole aneddoto di vita familiare e una passione senza precedenti.
“Ho passato la mia infanzia a Lecce, oggi vivo a Tarquina, in alto Lazio, in una strana casa che ha 900 anni, di cui mi sono follemente innamorato. In casa ho una cameretta piena di testi sull’Antica Roma, e una piccola biblioteca sul rinascimento e la storia. Sono sempre stato affascinato della transizione dal paganesimo al cristianesimo, passaggio che ritorna in diversi miei libri” – racconta Luigi De Pascalis
Il personaggio principale Caio Celso, è una figura che nasce pian piano ed esplode proprio in questa trilogia, o meglio assume un connotazione differente, appunto più storica. La sua prima avventura infatti, con risvolti fantastici, è Rosso Velarbo, sempre pubblicato da La Lepre Edizioni.
“Utilizzo spesso la mia formazione poliedrica in ciò che scrivo, cerco quasi sempre di partire da una mappa, una pianta, sono le immagini che mi aiutano ad entrate nella storia. La villa di Miseno di cui parlo nel racconto, è esistita veramente. Sono sempre stato convinto che l’occhio vede prima della parola – continua – Ho insegnato per alcuni anni scrittura, il personaggio bisogna vederlo e vivere le vicende attraverso i suoi occhi. Se c’è una cosa che cerco di fare il più possibile, quando racconto, è la storia del pensiero, ovvero l’utilizzo di parole e termini plausibili all’epoca, cerco di restare ancorato a quel tempo e di descrivere le emozioni esattamente come le vivevano loro, dall’amore alla morte.”
Quella di Luigi è una passione che arriva da lontano, la scrittura scorre nelle sue vene, cosi come l’amore per la lettura e difatti, non a caso, cita uno dei migliori giallisti del panorama letterario.
“Caio Celso mi ha lasciato una certa nostalgia, ho spesso immaginato di camminare tra le strade di Roma, la città antica. Quando ti immergi in un storia che funziona, è così. Quando scrivo, su 100 pagine, almeno 15/20 generalmente le tolgo così da rendere la scrittura più fluida. Mi torna in mente Georges Simenon, egli quando scriveva si chiudeva nella sua casa di campagna andava avanti per almeno 30 giorni, fino a quando non aveva concluso. Usava sempre parole che potessero essere tradotte in tutte le lingue – conclude.
Luigi De Pascalis mi ha ricordato che scrivere è come fare un viaggio nel tempo, ed io ho viaggiato molto volentieri con lui e Caio Celso. Aspetto il secondo capitolo.