Nel borgo irpino si celebra con un corteo funebre la domenica successiva al Martedì Grasso
Seguendo la tradizione, il Carnevale termina alla mezzanotte del Martedì Grasso, per far sì che il Mercoledì delle Ceneri possa dare il via ai riti che precedono la Settimana Santa e la Pasqua Cattolica.
Tuttavia in Campania, precisamente a Montemarano, in provincia di Avellino, il pomeriggio della domenica successiva al Martedì Grasso si celebra la “Morte del Carnevale”.
In una piccola bara viene risposto un fantoccio di paglia e gomma che fa le veci delle spoglie del morto, vegliate “a vista” dalla moglie, dal figlio e da alcuni Caporaballo, mentre un vescovo e un frate impartiscono la benedizione. Finita la veglia, la bara viene portata a spalla per tutto il paese al suono di una marcia funebre che viene intonata dalle fisarmoniche e dai clarinetti che seguono il feretro.
La moglie, che partecipa anch’essa il corteo, rivolge a Carnevale prima parole di affetto che, successivamente, si trasformano in vere e proprie offese: il marito ha consumato tutto, si è indebitato fino al collo e le ha lasciato un futuro incerto.
Dopo aver percorso il paese diverse volte, la bara viene portata in un grande spiazzo e qui un “notaio” legge alla cittadinanza il testamento di Carnevale, con le sue ultime volontà e le sue invettive contro i “personaggi pubblici” del paese.
Terminata la lettura, accanto ai genitali del fantoccio si sistema un petardo a cui viene dato fuoco. Il Carnevale presente, quindi, esplode per dare spazio al suo erede e figlio, il Carnevale del futuro.
Subito dopo lo scoppio, la musica dolente si trasforma in una tarantella e tutti iniziano a ballare, guidati dal Caporaballo, che è una persona reale – una sorta di Pulcinella dal volto scoperto – consapevole di essere una maschera e, quindi, protagonista e simbolo di un rituale.
Il Caporaballo, munito di un bastone, guida due file di danzatori disposti in processione che si avvicinano e si allontanano e che hanno la funzione di arginare il male, per certi versi di isolarlo, mentre i gesti spasmodici dei danzatori ne sottolineano la difficoltà. La musica, che diventa sempre più incisiva, indica il grado di identificazione dell’uomo con la divinità e con il desiderio di entrare in contatto con essa.
Come il Carnevale, infatti, anche la Tarantella Montemaranese è legata a culti agrari di carattere propiziatorio e liberatorio che, dopo il periodo di morte apparente rappresentato dalla stagione invernale, renderà possibile, in primavera, il ritorno della vita sulla terra.
La foto di copertina è “La Lotta tra Carnevale e Quaresima”, dipinto a olio su tavola (118×164,5 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio.