Gli ultimi giorni di Romolo Augustolo al Castrum Lucullanum
Con Romolo iniziò tutto, con Romolo (Augustolo) tutto finì. Roma nasce pagus, villaggio devoto alla sacra triade Giove-Marte-Quirino. Roma finisce feticcio di potere e ansia di investiture, cristiana e occupata dai barbari regnanti a mezzo graziosa concessione di Bisanzio. Qualche chilometro più a sud, a Napoli e nella Campania Felix, si assiste agli eventi senza sapere che la storia, quella silenziosa e silenziata dai turbamenti politici che cambiano sul serio le epoche degli uomini, verrà a dormire lì nella magica terra dell’oblio.
Flavio Romolo detto l’Augustolo divenne imperatore di Roma da adolescente, perché il papà, Oreste, che era ambiziosissimo s’era scocciato di Giulio Nepote e tanto fece finché ne rovesciò il trono per affidarlo al pargolo. Questi sedeva e lui comandava. Dieci mesi, suppergiù, durò. Poi arrivarono i barbari di Odoacre che erano arrabbiati forte. Volevano terre e pagamenti in ragione del servizio prestato alle frontiere, papà Oreste che non ne teneva manco uno fece finta di non aver sentito. Mal gliene incolse perché a Ravenna lo fecero fuori, a fine agosto. Il 4 settembre i barbari entrarono a Roma e deposero l’Augustolo. Che però, prima di andarsene, scrisse – dicono – una lettera a Bisanzio perorando il riconoscimento dell’imperium al magister militum barbaro. Cosa che Zenone, imperatore d’Oriente, accettò di buon grado.
La storia finì lì. Roma e il suo impero scompaiono dalla storia, comincia ufficialmente – per somma convenzione – l’affascinante e irripetibile epoca del Medioevo. E Augustolo?
Non finì ucciso e nemmeno sotto i ponti, ridotto all’elemosina. I barbari gli concessero di andare in esilio, al Castrum Lucullanum, il castello in cui mago Virgilio – diranno poi – aveva posato a fondamenta un uovo. Altre fonti non concordano ma tutti però sono sicuri di una cosa. Romolo Augustolo finì i suoi giorni tra Napoli e la Campania, in pace e con una grossa rendita annuale assicurata. L’oblio, tranquillo, dorato e assolato alle falde del Vesuvio di chi, seppur diventato uomo e poi vecchio, è stato per sempre l’ultima incarnazione (del bambino) di una storia millenaria.