Napoli. Il Pio Monte della Misericordia

La storia e le collezioni della sede della più importante e antica istituzione benefica della città

Il Pio Monte della Misericordia è una delle più importanti e antiche istituzioni benefiche di Napoli, di ispirazione cattolica, fondata nel 1602 da sette nobili napoletani per l’esercizio delle sette opere di misericordia corporale – dar da mangiare agli affamati; dar da bere agli assetati; vestire gli ignudi; alloggiare i pellegrini; visitare gli infermi; visitare i carcerati; seppellire i morti – allo scopo di alleviare le sofferenze dei più deboli, in un secolo in cui l’assistenza era affidata solo alla Chiesa e alla generosità dei singoli.

Ancora oggi, grazie alla partecipazione volontaria degli associati, l’attività del Pio Monte prosegue la sua opera in piena autonomia gestionale.

L’Istituzione ha sede in un edificio monumentale, situato in Piazza Riario Sforza, lungo il decumano maggiore di Napoli. Fu progettato dall’architetto Francesco Antonio Picchiatti ed è costituito da una Chiesa, dedicata a Santa Maria della Misericordia mentre, al primo piano, vi è una Quadreria, che custodisce circa 150 tele prodotte tra il XV e il XIX secolo.

La cappella, ancora oggi preposta alla sua originaria attività, in una prima fase fu costruita da Giovan Giacomo di Conforto (1604-1607). Nel 1658, il progetto fu poi affidato a Cosimo Fanzago, ma questi era già impegnato in altri lavori in città. Gli associati, quindi, si rivolsero a un’altra grande personalità in campo artistico: l’ingegnere del Regno Francesco Antonio Picchiatti (1617 – 1694), ugualmente celebre e apprezzato.

L’impianto centrale ottagonale è funzionale al racconto delle Opere del Pio Monte della Misericordia.

Nelle cappelle laterali, infatti, sono custoditi “San Pietro liberato dal carcere”, di Battistello Caracciolo; “Cristo ospitato in casa di Marta e Maria” e “San Pietro resuscita Tabithà” di Fabrizio Santafede; “Deposizione” di Luca Giordano; “Il Buon Samaritano” di Giovan Vincenzo D’Onofrio, detto il Forlì; e “San Paolino libera lo schiavo” di Giovan Bernardo Azzolino, tutti dipinti volti a illustrare le opere della misericordia esercitate sin dai primi anni d’attività.

L’altare maggiore, invece, custodisce il famoso capolavoro di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, “Le Sette Opere della Misericordia“ (1606-1607), che concentra in un’unica grande tela l’impegno del Pio Monte della Misericordia, sin dalla sua fondazione.

Il dipinto è la prima commissione per la decorazione della Chiesa, pagata 400 ducati, che l’Istituzione affidò al pittore, in fuga da Roma dopo la condanna per omicidio. La tela raffigura, con grande realismo, in un intreccio di personaggi presi dalla strada, le attività di beneficenza ispirate alle Opere di Misericordia corporale.

In alto si trova la Madonna di Misericordia col Bambino, sorretta dagli angeli, mentre, in basso, si sviluppa un incastro di figure dalla complessa gestualità.

Nella scena, che sembra svolgersi proprio in un vicolo napoletano, si riconoscono: Cimone, in carcere, allattato dalla figlia Pero (“dar da mangiare agli affamati” e “visitare i carcerati”); alla destra della fanciulla avanza un becchino che trasporta un cadavere, del quale si vedono solo i piedi, seguito da un sacerdote con una torcia (“seppellire i morti”); segue, in primo piano, un cavaliere con la piuma (San Martino) che divide il mantello con il povero, raffigurato di spalle, che ha accanto un infermo dalle mani giunte (“vestire gli ignudi” e “visitare gli infermi”); più indietro, un uomo dal volto emaciato, con una conchiglia sul cappello (San Giacomo), è accolto dall’uomo di fronte (“ospitare i pellegrini”); all’estrema sinistra, sul fondo, è raffigurato Sansone che beve dalla mascella d’asino (“dar da bere agli assetati”).

L’opera inaugura la nuova stagione seicentesca del naturalismo a Napoli e manifesta, con realtà di azioni, il sentimento di comprensione e di compassione che rende partecipi delle sofferenze altrui, in una totalità di amore e di dolore.

Al primo piano dell’edificio si sviluppano le suggestive sale dell’appartamento storico, dove si trova la preziosa Quadreria – conosciuta anche come ‘Pinacoteca’ – che vanta una ricca collezione di opere, tutte provenienti da diverse donazioni, caratterizzata da un considerevole numero di dipinti e bozzetti di Francesco De Mura, artista del ‘700 napoletano, e di altri insigni pittori italiani e stranieri, dal Cinquecento all’Ottocento, tra cui Massimo Stanzione, Mattia Preti, Luca Giordano, Andrea Vaccaro, Jusepe de Ribera.

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