
Gli edifici dichiarati inagibili – e mai più riaperti – in seguito al terremoto dell’Irpinia del 1980
Il 23 novembre 1980 la terra in Irpinia tremava: il bilancio delle vittime fu terribile, ma ingenti danni li ebbe anche il patrimonio storico – artistico. Intere chiese si sbriciolarono o subirono gravi danni strutturali. Anche a Napoli molti edifici di culto furono dichiarati inagibili, vennero così chiusi in attesa dei lavori di consolidamento e restauro che, in molti casi, non sono mai cominciati. Chiese, oratori, cappelle, edicole votive sono così state lasciate in balia dei ladri che hanno, indisturbati, asportato quadri, statue e marmi, per poi rivenderli sul mercato nero.
Iniziamo quindi un viaggio in alcune chiese che da allora sono sigillate e stanno ancora aspettando di ritornare alla luce ed alla vita.
Ritiro delle Teresiane

Le monache di Santa Teresa fondarono nel 1685 un monastero a Torre del Greco. La terribile eruzione del Vesuvio nel 1794 lo distrusse quasi completamente così, grazie a Gennaro Rossi, barone di Castro in Puglia, ed a suo nipote Giovan Battista, le suore si trasferirono nel 1804 in un nuovo convento. Fu scelta la collina di Mater Dei, dalla salutare aria, e venne costruita una Chiesa dedicata alla Immacolata Concezione ed un educandato per giovani ragazze, il cui regolamento fu approvato da Ferdinando II di Borbone nel 1854. Il terremoto del 1980 ha causato molti danni alla struttura, che però oggi vive una rinascita grazie alle associazioni di quartiere, che hanno ribattezzato la struttura Giardino Liberato.
Conservatorio delle Periclitanti

Nel 1674 il missionario Carlo de Mari fondò un Conservatorio “per tenere in serbo l’onore di quelle donzellette che viepiù da lupi erano insidiate”: erano anni di povertà ed indigenza, dove le donne spesso per un pezzo di pane arrivavano a compromessi, prostituendosi. Il religioso pensò quindi ad un luogo al sicuro dove fornire istruzione e riparo a queste giovani. Inizialmente si riunirono vicino la Chiesa di Santa Maria del Rifugio, ma cresciute di numero, presero una casa in una zona isolata, dove si stavano appunto costruendo numerosi monasteri, Pontecorvo.
Il nome che si scelsero, le Periclitanti, rimanda infatti alle donne in pericolo, salvate da fine certa. Nel 1702 viene costruita la Chiesa, opera di Ferdinando Sanfelice. Grazie alle doti portate delle suore, il complesso crebbe e si ingrandì. Tutto ruotava intorno il grande chiostro con belvedere, unica delizia della clausura. Nel Decennio Francese il monastero fu soppresso, e rivenduto dopo vari passaggi alle Francescane. Sia le bombe della Guerra Mondiale che il terremoto del 1980 hanno danneggiato la struttura, che è stata restaurata e pesantemente rimaneggiata.
La Chiesa aveva delle tele che sono in deposito, ma è purtroppo chiusa. Le fonti parlano di alcune statue di cera in Sagrestia, ma non si sa che fine abbiano fatto. Dell’antico splendore rimane un vestibolo, che presenta un grande affresco attribuibile a Fedele Fischetti con la Allegoria della Carità, di rimango al carattere assistenziale e di soccorso della struttura, così come era stato concepito al momento della fondazione.
Chiesa di San Giovanni Battista delle Monache

Non passano inosservate le due grandi Chiese che si fronteggiano a Via Costantinopoli. Venendo da Piazza Bellini, a sinistra c’è la monumentale San Giovanni Battista delle Monache, eretta da Francesco Antonio Picchiatti negli anni 1673 – 1681, mentre la facciata risale al secolo successivo ed è opera di Giovan Battista Nauclerio. In quegli anni l’importanza del complesso monastico crebbe così tanto da arrivare ad estendersi su una vasta porzione di Città comprendendo sei chiostri (l’unico sopravvissuto è il Chiostro di San Giovanniello oggi sede dell’Accademia delle Belle Arti), sei belvedere ed altri luoghi per lo svago.
Le suore iniziarono a rivaleggiare con le domenicane che erano di fronte nel Monastero della Sapienza: facevano a gara nel chiamare artisti al loro servizio. Infatti le religiose di San Giovanni fecero arrivare Luca Giordano, Paolo de Matteis, Massimo Stanzione per far decorare gli altari delle cappelle. Ma d’altronde le dirimpettaie non erano state da meno: avevano chiamato per i lavori di rifacimento della facciata Cosimo Fanzago, mentre per gli affreschi interni si erano affidate a Belisario Corenzio. Già il terremoto del 1930 aveva procurato danni, quello del 1980 aggravò solo la situazione. Alcuni tentativi di restauro peggiorarono la situazione, facendo crollare la cupola, che fu poi ricostruita in cemento armato. Da allora il portone della Chiesa è chiuso, e lentamente sta scomparendo uno dei più grandi monasteri della Napoli del Seicento.