Completato il restauro dell’antica conceria: il più grande impianto artigianale per la lavorazione delle pelli rinvenuto nella città antica
Il complesso dell’antica conceria viene riaperto al pubblico, al temine di un’ampia operazione di restauro frutto della collaborazione tra il Parco archeologico di Pompei e il gruppo UNIC-Concerie Italiane Lineapelle, che ha sostenuto le spese dell’intervento.
La visita alla conceria sarà supportata da un allestimento didattico – espositivo che illustra come si svolgeva in antico il processo di lavorazione delle pelli e dall’esposizione di strumenti originali per la concia, secondo il modello del “museo diffuso”, già sperimentato con successo a Pompei, oltre a un modellino tattile in 3d per ipovedenti con legenda in braille.
Tra le riproduzioni in copia, invece, il celebre mosaico del Memento Mori (originale al Mann) presso la mensa del Triclinio all’Aperto, realizzata dal Laboratorio di Restauro del Mosaico della Fondazione RavennAntica.
L’intervento di restauro e valorizzazione è stato portato avanti sotto la direzione operativa e scientifica del Parco che ne ha curato la progettazione tramite i suoi funzionari. Per consentire un sostanziale miglioramento della fruizione delle aree, oggetto anche di tragici eventi a seguito dei danni bellici durate la seconda guerra mondiale , sono state realizzate passerelle di attraversamento per la visita ed importanti interventi di cura e manutenzione del verde e di rifacimento del pergolato.
L’apertura della conceria si inserisce nella nuova proposta del Parco archeologico di Pompei, di itinerario delle botteghe artigiane che dal 30 giugno fino al 1 agosto 2023, consentirà di visitare alcuni impianti dedicati ad attività di diverso genere. E dunque oltre alla conceria, la Fullonica (l’antica lavanderia), il Panificio di Popidio Prisco e la Bottega del garum, dove si produceva il prezioso condimento a base di colatura di pesce.
La Conceria e il processo di lavorazione delle pelli nell’antica Pompei
Messo in luce a fine ‘800 e situato nella Regio I degli scavi (Insula 5), l’impianto conciario fu identificato come tale sulla base delle testimonianze epigrafiche, degli utensili rinvenuti nel corso dello scavo, oltre che dagli apprestamenti produttivi, molto simili a quelli in uso nelle concerie medioevali e moderne.
L’impianto fu installato intorno alla metà del I sec. d.C. in luogo di un’abitazione più antica, giungendo ad occupare la quasi totalità dell’insula. A seguito dei danni prodotti dal terremoto del 62 d. C. l’impianto artigianale subì importanti modifiche che lo resero più funzionale, conferendogli l’aspetto attuale.
Le diverse operazioni di cui si compone il processo di lavorazione delle pelli venivano espletate in settori funzionalmente distinti dell’edificio: il lavaggio del pellame, che richiedeva l’impiego di sostanze maleodoranti, veniva effettuato all’interno dei dolia (contenitori) alimentati d’acqua sotto il porticato o, forse, lontano dal complesso sulle rive del Sarno.
La concia vera e propria con la macerazione delle pelli avveniva, invece, all’interno delle quindici grandi vasche cilindriche conservatesi in uno degli ambienti dell’edificio. Infine, le pelli venivano battute al di sotto dell’area porticata e lavorate nei piccoli ambienti che si susseguono sul lato est del peristilio, divisi tra loro da bassi muretti trasversali. Addossato al muro ovest del peristilio si trova anche un ampio triclinio estivo destinato agli ospiti del coriarius (titolare dell’attività), che all’interno del complesso aveva la sua residenza.
Nel quadro delle produzioni artigianali antiche, la conceria di Pompei costituisce un documento d’eccezione.