La Reggia di Portici, alla corte dei Borbone

Tra il Vesuvio e il mare la storia della residenza che ha dato vita al Miglio d’Oro

Il viaggio tra le bellezze della nostra regione, stavolta fa tappa nel vesuviano alla scoperta di una delle tante residenze borboniche sparse sul territorio: la reggia di Portici.
Alle pendici del Vesuvio, su di un territorio che declina ripidamente verso il mare, Carlo III di Borbone insieme alla regina Maria Amalia decise di far costruire la sua nuova residenza alle porte della capitale del suo Regno. La scelta cadde su quel territorio per la sua bellezza e salubrità, tanto da poter trascorrere lunghi periodi dell’anno; il Palazzo di Portici diventerà così, prima della costruzione di quello di Caserta, la residenza della famiglia regnante e della loro corte.

Tra gli anni ’30 e ’40 del XVIII secolo i Borbone erano alla ricerca di una zona della fertile Campania Felix dove poter costruire la loro residenza e che quindi potesse ospitare non solo un grande palazzo, ma anche un ampio parco per i diletti della famiglia nonché per il passatempo più in voga che era la caccia. Perciò nel 1738, contemporaneamente all’avvio dei lavori della Reggia di Capodimonte destinata allora solo a diventare un museo, iniziò a prendere forma il progetto del Palazzo di Portici. La zona prescelta, e che era interessata da diverse proprietà espropriate e poi demolite, era ed è tutt’ora una lingua di terra che come una sorta di terrazza declivia sino allo storico porto del Granatello, costruito nel 1773, al fine di dare un approdo dal mare all’edificio.

Sin dall’inizio i primi saggi sui terreni espropriati per la costruzione portarono alcune difficoltà, infatti dovunque si scavasse ci si imbatteva in ritrovamenti archeologici che riaffioravano continuamente e che per l’epoca risultavano del tutto insoliti. Tutto ciò di lì a breve avrebbe dato l’impulso a Carlo III di iniziare le prime campagne di scavo archeologico che avrebbero portato alla scoperta di Pompei, Ercolano e Stabia.

Una volta sistemata tutta la superficie, si procedette alla costruzione del palazzo che venne costruito al centro, tra il bosco dedicato alla caccia a monte e la parte destinata a giardino ed orto che invece era a valle verso il mare. Il progetto fu affidato dal re all’architetto romano Antonio Canevari, ma in realtà fu arricchito dal lavoro di molti altri come Ferdinando Fuga e Luigi Vanvitelli.

Dopo la costruzione il palazzo fu arricchito, all’interno, dalla maestria dei migliori artisti del periodo tra cui è da citare il pittore stabiese Giuseppe Bonito, che lavorò per la corte diventandone anche artista ufficiale, il quale ne decorò tutte le stanze con gli scorci dei suoi affreschi.

Il fermento culturale che Carlo di Borbone portò nel Regno, fece sì che nel nuovo palazzo sorgesse il primo museo archeologico che custodiva appunto tutte le scoperte che si stavano facendo in quel periodo, compresi i reperti provenienti dagli scavi per la costruzione del palazzo. Lo stesso museo, però, fu almeno in due riprese svuotato dalle fughe della famiglia regnante che, scappando in Sicilia al riparo dalle invasioni, portarono via quasi tutti i pezzi della collezione che poi tornarono in città andando a costituire quello che ora è il prezioso Museo Archeologico di Napoli.

Con la dominazione francese di inizio XIX secolo le modifiche che furono apportate alla reggia, soprattutto dal nuovo re Giacchino Murat, riguardarono in gran parte l’arredamento che fu sostanzialmente cambiato passando da quello borbonico molto lussuoso ad uno più semplice degno dello stile transalpino.

Altro primato fu la creazione di quello che è considerato il primo tratto ferroviario italiano voluto proprio dai Borbone, una volta ritornati al potere nel 1839, per collegare l’ormai antica residenza di Portici a Napoli. Quei pochi chilometri di strada ferrata di lì a poco diventarono una vera e propria ferrovia che collegava gran parte delle residenze della corte, passando per Torre Annunziata e Castellammare, completandosi alla metà del secolo giungendo sino a Nocera toccando poi terminando poi addirittura nella valle del Serino.

Ma già a quei tempi il palazzo di Portici era sempre meno frequentato e con la nascita dello stato italiano, dagli anni ’60 del XIX secolo, perse definitivamente il suo ruolo di residenza; passò così ad ospitare la neonata Scuola Superiore d’Agraria che creò l’attuale orto botanico, di fama internazionale per ciò che possiede, ospitato nel parco superiore. Infine, dal 1935 la Scuola venne tramutata nella facoltà di Agraria cosicché la reggia da allora è sede dell’Università di Napoli Federico II.

Da allora, e ancor oggi, con alcuni reperti archeologici permasti dell’antico museo e il materiale raccolto dall’istituto di agraria e del parco naturalistico, il nostro palazzo fa convivere l’eterno dualismo tra il pensiero umanistico e quello scientifico ed è simbolo dell’immenso patrimonio culturale della nostra Campania.

A cura di Liberato Schettino

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