Eventi eccezionali legano il Patrono d’Italia alla città di Montella, nel Parco dei Monti Picentini
Montella, nel cuore dell’Irpinia, è nota soprattutto per la produzione di castagne a marchio IGP, per il tartufo nero e per il ritrovamento, nel 2004, delle spoglie del Conte Diego I Cavaniglia, feudatario della città dal 1477 al 1481, morto nella battaglia di Otranto contro i Turchi.
Tuttavia, la cittadina del Parco dei Monti Picentini, è anche sede di uno dei più importanti monumenti nazionali della nostra penisola: il Convento di San Francesco, e proprio al “Poverello d’Assisi” essa è legata da una serie di eventi straordinari che si verificarono nella prima metà del 1200.
Siamo nel gennaio 1222: San Francesco, insieme ad alcuni suoi confratelli, è in viaggio verso il Santuario di San Michele sul Gargano. Arrivato a Montella, si reca presso il castello del feudatario per chiedere ospitalità ma il castellano, in assenza del suo signore, lo manda via.
Francesco allora si rifugia con i confratelli nel Bosco di Folloni, che all’epoca era infestato dai briganti, e passa la notte sotto un leccio, un albero che, nella simbologia cristiana, è caratterizzato da importanti significati (da esso, per esempio, si ricavò il legno della croce di Cristo). Una volta calata la notte inizia a nevicare copiosamente, ma la neve non tocca né l’albero né nessuno dei frati addormentati, tanto è vero che, quando il giorno dopo il castellano e tutta la popolazione accorrono nel luogo dove si è verificato il miracolo, chiedono a San Francesco di costruire lì un convento. Il Santo accetta volentieri e getta le basi per costruire una prima chiesa, molto piccola, dedicata alla S.S. Annunziata. Il leccio sarà poi conservato come reliquia sotto l’altare per lungo tempo.
Di ritorno dalla Puglia, Francesco si ferma nuovamente a Montella, nel periodo in cui il primo nucleo del convento era in fase di realizzazione. Qui, per dissetare gli operai impossibilitati a bere le acque del fiume Calore perché torbide, fa sgorgare una sorgente di acqua limpida sulla quale, successivamente, sarà edificata una fontana di cui, oggi, sono visibili solo due lati delle mura e la pavimentazione.
Arriviamo quindi all’inverno del 1224: i frati sono bloccati all’interno della chiesa del Bosco di Folloni per colpa della neve e non mangiano da alcuni giorni. Ad un certo punto sentono bussare alla porta e, una volta aperto, trovano un sacco pieno di pane con su impresso lo stemma dei Gigli di Francia. Poiché a quel tempo Francesco si trovava presso la corte di re Luigi VIII, i frati pensano che il Santo abbia chiesto al re del pane e lo abbia poi affidato agli angeli affinché lo consegnassero ai suoi confratelli.
La tela del sacco fu conservata per tre secoli come tovaglia per l’altare fino a quando, a partire dal Cinquecento, fu smembrata e distribuita come reliquia in diverse chiese. Con l’avvento di Napoleone fu affidata all’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento di Montella che, per la sua particolare natura giuridica, non era oggetto di alcun intervento di soppressione o di sottrazione di alcun bene a seguito delle leggi eversive dei primi dell’Ottocento. Con la riapertura del Convento nel 1828, il vescovo di Nusco divise la reliquia tra i frati del Convento di San Francesco e i confrati dell’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento. Per una serie di vicende, l’unico frammento ancora esistente restò quello custodito dai membri dell’Arciconfraternita che, all’inizio del nuovo millennio, lo restituì al Convento.
Il frammento è oggi conservato in un reliquiario collocato nella Cappella del Crocifisso, a destra dell’altare. Inoltre, recenti indagini effettuate con la datazione al radiocarbonio e condotte dal prof Kaare Lund Rasmussen dell’Università della Danimarca Meridionale, attestano che esso sia composto di un tessuto risalente proprio al 1200.
*L’immagine di copertina è un particolare de “Il miracolo del pane”, affresco del 1527 di Michele Ricciardi situato sulla parete di fondo del refettorio del Convento di San Francesco a Folloni.