Da Super Pagos a Solopaca: le origini del vino beneventano

Andiamo alla scoperta della Cantina di Solopaca, nata nel 1966 con una cooperativa di 25 agricoltori

Era il 1966 quando una cooperativa composta da 25 agricoltori decise di costituire, in un piccolo paesino dell’entroterra beneventano, “La Cantina Sociale di Solopaca”, con lo scopo di incrementare il patrimonio vitivinicolo della zona e per il progresso economico e sociale dell’agricoltura. Quello di Solopaca è un territorio zeppo di vigneti ed oliveti, che hanno trovato nella collina beneventana e nella natura del terreno il loro ambiente ideale, producendo vini ed olii dal profumo delicato, dal sapore netto, dall’estrema gradevolezza.

Così, appena arrivati alla Cantina, troviamo il presidente della Cooperativa Carmine Coletta, che ci accompagna in questo viaggio alla scoperta delle meraviglie vitivinicole beneventane. Il primo passo è nel salone vendite, impreziosito da scaffali adorni di selezioni, con esposizioni di spumanti – La Cantina di Solopaca è stata la prima che ha iniziato la spumantizzazione della Falanghina) fino alla selezione “Oro”, di maggior spessore.

Ci addentriamo poi nella sala consiliare, quella in cui i 600 soci si incontrano per approvare regolamento e bilancio, per poi scendere sul piazzale principale della cooperativa, in cui vengono raccolte le uve di tutto il comprensorio, dalle diverse condizioni pedoclimatiche che permettono di diversificare l’offerta di vini dell’azienda. Il presidente Coletta, prosegue il viaggio all’interno della cantina, dove avviene la trasformazione delle uve, ammirando vasche in cemento armato rivestite per evitare gli sbalzi di temperatura, per poi osservare tutto il processo di imbottigliamento: automatizzato, sì, ma pur sempre accompagnato dalla mano umana, indispensabile. Scendiamo poi nel luogo sacro della cantina, la bottaia, in cui si conserva, l’aglianico, il Solopaca classico e, talvolta, il Barbera. Penultimo passaggio è quello attraverso la sala consiliare che, con cadenza settimanale, il giovedì, ospita il consiglio di amministrazione ed i clienti che decidono di acquistare grosse quantità di vino.

Ultimo passaggio, ma non meno importante, è quello della grande trovata geniale del “distributore di carburante”… o quasi. E’ la geniale idea della Cantina Sociale di Solopaca, grazie a cui ogni giorno un flusso continuo di persone arrivano qui e provvedono a fare il pieno di… vino. Una scelta molto vasta di “nettare”, dal rosso al bianco: Coda di volpe, Barbera, Falanghina, Aglianico, Fiano IGT di Benevento e Greco.

Il territorio dove sorge Solopaca fu abitato, stando ai ritrovamenti, fin dall’epoca preistorica; tracce significative si hanno anche dell’insediamento sannitico e romano; ma le testimonianze più evidenti risalgono al periodo medievale. Sull’origine del nome si fanno delle ipotesi, come quella di monsignor Canelli che fa derivare Solopaca da “super pagos” cioè villaggio – casale situato in posizione sopraelevata rispetto a “Santianni” e agli altri villaggi della valle. Secondo l’autore dall’originario “Surropago” per effetto della “rotacizzazione” invertita (della “R” in “L”), sarebbe derivato “Sulopago” da cui “Sulopaca” e poi “Solopaca”.

In un documento del XII secolo si fa menzione dei venditori di vino “de Buctuariis” (i vuttari,ndr) di “Solupaca” e dei beccai, venditori di carne. Anche nel “registro dei defunti” (obituarius,ndr) della arciconfraternita di Santo Spirito, nell’anno 1198 si trovano registrati dei nomi di persone provenienti “de casalis Sancti Johannis de Surrupaca”. E’ presumibile, quindi, che i primi nuclei abitativi, i “Casali”, siano stati più di uno e che abbiano fatto parte, nel basso medioevo, del feudo di Telese. Oggi Solopaca ospita la sua “Cantina”, tra le più antiche della Regione Campania, con oltre 150mila ettolitri di vino prodotti, composta da oltre 600 soci, ubicati non solo a Solopaca ma anche nei comuni limitrofi, coprendo una superficie di circa 1300 ettari: i suoi vini sono stati riconosciuti nel 1974, di origine controllata DOC: la realizzazione di un songo per quegli iniziali 25 agricoltori, ora divenuti 600, per una realtà economica che si estende sulle due rive del fiume Calore, attorno ai comuni di Castelvenere, Guardia Sanframondi, San Lorenzo Maggiore, e parte dei comuni di Cerreto Sannita, Faicchio, Frasso Telesino, Melizzano, San Lorenzello, San Salvatore Telesino e Telese.

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