Origine e diffusione di una figura storica del Carnevale Napoletano
Se è un dato di fatto che Pulcinella sia considerata la maschera più nota del Carnevale Napoletano, da sempre una delle feste più amate della città che, nei secoli passati, durava addirittura più di un mese, è vero anche che esistono altre maschere meno famose, dette comunemente “mezze maschere”, nate per rappresentare la vivacità di un popolo che, con danze e riti, celebrava il passaggio dal vecchio al nuovo anno.
Una di queste è la Vecchia ‘o Carnevale, una “metamaschera” (ovvero una maschera nella maschera) rappresentata da una Vecchia dal viso palesemente grinzoso e deforme, ma da un corpo giovane e prosperoso, dotato però di una gobba alla schiena sulla quale porta Pulcinella, intento a ballare e a suonare le nacchere, dette “castagnelle”. Chi la indossa si lega in vita, su una tonaca bianca, una testa di anziana donna fatta di stoffa imbottita e dotata di finte braccia che mostrano di reggere le gambe spalancate, anch’esse fatte di paglia o stoppa, di Pulcinella, per dare l’impressione che le stia sopra a cavalcioni.
Tradizionalmente, la maschera doppia era accompagnata nelle sue uscite da una orchestrina che suonava il “putipù”, il “triccabballacco” e la “canna”. Altre volte la maschera era accompagnata da semplici suonatori di zufolo, grancassa e tamburello. L’interprete doveva rappresentare Pulcinella che ballava solitamente la tarantella e che, nello spingere avanti il bacino, costringeva le Vecchia a fare delle movenze “oscene”, mentre, al tempo stesso, per mezzo del bastone fissato all’altezza delle gambe e atto a reggere la parte posticcia del suo corpo, imprimeva un intenso movimento alle sue braccia, al seno e, soprattutto, alla testa. Solitamente, la vecchia riceveva dal giovane e birbante Pulcinella molti schiaffi ed insulti, il che provocava l’applauso e le risate della gente.
Già nel secolo scorso, tuttavia, la simbologia della Vecchia perde la sua valenza “positiva” e si accompagna all’apice drammatico rappresentato dal cosiddetto “Ballo dei Turchi”, una pantomima che si inscenava per le strade di Napoli e della Campania fino alla seconda metà del XIX secolo. Gli attori, scelti tra i lazzaroni dei quartieri popolari, impersonavano dei Saraceni che davano vita ad eroiche vicende di amori sfortunati e di duelli di cappa e spada, fino a quando, nel momento di maggior tensione tragica, arrivava Pulcinella a cavallo della Vecchia a fare da paciere, coinvolgendo tutti in danze vertiginose ed euforia generale.
Alla Vecchia ‘o Carnevale sono stati attribuiti diversi significati allegorici e simbolici: la parte deforme del corpo rappresenterebbe l’inverno e la natura appassita, l’anno trascorso, la vecchiaia, il passato individuale e collettivo, la somma di negatività che ha segnato il tempo precedente, motivo per il quale viene cavalcata e schiaffeggiata; la parte giovanile, invece, rispecchierebbe la primavera, l’arrivo del nuovo anno ricco e fecondo, la rinascita, la vitalità, la promessa di un futuro opulento, ed è per questo che si sintonizza sui movimenti di danza di Pulcinella con il quale, al tempo stesso, si identifica. Un’altra interpretazione la identificherebbe con la Befana che viene scacciata via dall’ingresso del Carnevale il 17 gennaio, giorno dei “fucaroni” in onore di Sant’Antonio Abate; mentre il giorno di Martedì Grasso simboleggerebbe la Quaresima che lo porta via.
L’accompagnamento musicale, adesso praticamente in disuso – nel sito dell’Archivio Sonoro della Campania, potete ascoltare una registrazione del 1975 dell’esecuzione di una banda musicale che conduceva il ballo a Sala di Serino, in provincia di Avellino – giocava un ruolo fondamentale nella conduzione della processione della Vecchia attraverso le vie storiche della città, solitamente prevista tutti i giovedì di Carnevale, ma anche, in tempi meno lontani, durante la Quaresima, dove la maschera recitava formule augurali e raccoglieva offerte.
*La foto di copertina è una scultura di Nicola Manzò dal titolo “Pulcinella e la Vecchia del Carnevale”