A’ vermenara. Sortilegi, misteri e credenze

Il rito, il mito popolare e l’incarmatrice: storia di una guarigione del secolo scorso

C’è un velo, che divide il sacro dal profano, la scienza dalla fede. Un velo a volte più spesso a volte più sottile, nelle cui pieghe si annidano spesso credenze popolari fatte di racconti, più o meno veritieri, ma con un unico denominatore comune: il mistero.

In Campania la “vermenara“, è diventata una delle pieghe di questo velo. Credenza popolare o meno, si trattava di una vera e propria malattia – il suo nome, infatti, deriva dalla presenza di piccoli vermi, chiamati ossiuri, all’interno dell’intestino – che, fino alla fine del secolo scorso, si combatteva con sortilegi, riti e preghiere. Questo perchè l’epidemia colpiva specialmente i bambini in età scolare appartenenti alle classi meno abbienti.

La credenza popolare, inoltre, associa la Vermenara alla trasformazione materiale di una paura, di un terrore: da qui l’espressione “ha fatto ‘a vermenara” per indicare un grande spavento e la conseguente formazione di vermi. Per mandarli via, attraverso le feci, ci pensava l’“incarmatrice” – da cui l’espressione “incarmare i vermi” – una figura a metà tra fede ed esoterismo che, tramite un rituale, tramandato spesso in famiglia, cospargeva la pancia del bambino di olio e aglio e, recitando una serie di formule incomprensibili, cacciava via il male. A completamento dell’operazione, un taglio netto sulla pancia quasi a eliminare i vermi che si erano annidati per colpa dello spavento.

La ritualistica, purtroppo, si è persa nel corso degli anni, ma conserva intatto, ancora oggi, il suo fascino e il suo mistero, custodito gelosamente nelle mani di chi ha ereditato “il potere”.

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