Il Palazzo Donn’Anna di Napoli e le ombre degli amanti

Storia e leggenda dell’imponente struttura sul mare di Posillipo

“Il bigio palazzo si erge nel mare. Non è diroccato, ma non fu mai finito; non cade, non cadrà, poiché la forte brezza marina solidifica ed imbruna le muraglie..” così descrive il Palazzo Donn’Anna di Napoli, Matilde Serao nel suo immortale “Leggende napoletane”.

Il Palazzo Donn’Anna si erge imponente sul mare di Posillipo, una struttura ricca di fascino, che con le luci delle sera acquisisce dei toni di velato mistero. Le ombre si raccolgono sotto le arcate e nelle finestrelle senza vetri del palazzo costruito nel cinquecento su un edificio preesistente noto come La Serena, di proprietà di Dragonetto Bonifacio, nominato marchese dall’imperatore Carlo.

Altri proprietari si avvicendarono nella storia del palazzo, che dai Ravaschieri nel 1571 giunse per 800 ducati al principe Luigi Carafa di Stigliano, nonno di Donna Anna Carafa, molto nota per le sue enormi ricchezze.

Il palazzo ricostruito nel 1642 dall’architetto Cosimo Fanzago prese il nome di Palazzo Donn’Anna, che nel frattempo lo aveva ereditato alla morte del padre e dei fratelli Giuseppe ed Onofrio ed aveva sposato il vicerè Ramiro Nuṅez de Guzmán, duca di Medina de las Torres.

I lavori durarono per oltre due anni ma alla partenza del viceré nel 1644 furono interrotti per sempre. Nel progetto di Fanzago si prevedevano due accessi, uno dal mare ed uno sulla via transitabile che si estendeva lungo la costa di Posillipo e che conduce al cortile interno dell’edificio. Cosimo Fanzago non riuscì a finire la costruzione, Donn’Anna morì e il marito fuggì in Spagna per la caduta del viceregno spagnolo nel 1648.

Al di là dei fatti storici, sul palazzo pendono una serie di affascinanti – e terribili – leggende. Per alcuni il palazzo è stato la dimora della regina Giovanna d’Angiò che aveva, a quanto pare, un’abitudine da brivido. Sceglieva i pescatori più belli e aitanti della zona e trascorreva con loro notti folli di passione, che puntualmente finivano in tragedia. All’alba li ammazzava, gettandoli dalle finestre del palazzo. E pare che gli spiriti di questi sventurati giovanotti si aggirino ancora nei sotterranei dell’antica dimora.

Secondo la versione della leggenda riportata da Matilde Serao, l’artefice di terribili atti di gelosia e vendetta fu invece la stessa Donna Anna. A quanto pare amava organizzare magnifici ricevimenti a cui prendeva parte la nobiltà spagnola e napoletana che accoglieva, sprezzante, agghindata nel suo abito rosso in lamine d’argento.

Una notte, per allietare i convenuti, era stato allestito un teatrino per una commedia, i cui attori erano tutti nobili, tra cui la bellissima e giovane Donna Mercedes de las Torres, nipote della duchessa Anna, che avrebbe rivestito il ruolo della schiava innamorata del suo padrone interpretato da Gaetano di Casapesenna.

Tutto bene fino qui, non fosse altro che Gaetano di Casapesenna era stato l’amante di Anna. Ed ecco, al momento del bacio finale tra i due protagonisti, lungo, intenso e quasi veritiero, che scoppiò la gelosia di Anna.

Nei giorni a seguire Donna Mercedes e Anna ebbero numerosi scontri e di lì breve Mercedes scomparì nel nulla. Nessuno sa che fine abbia fatto. Secondo alcuni si era rifugiata in convento in preda ad un’improvvisa vocazione religiosa, Gaetano la cercò incessantemente, finché distrutto dal dolore non pianse tutte le sue lacrime finì la sua vita in battaglia.

La storia vuole che nel palazzo si vedano ancora il fantasma di Donna Anna che tormenta i due sventurati amanti Mercedes e Gaetano, destinati a cercarsi in eterno. 

L’edificio si erge ancora oggi a picco sul mare, nel meraviglioso litorale di Posillipo e fra gli anfratti della costa ed è utilizzato come abitazione. All’interno resta un teatro aperto verso il mare dal quale si poteva godere di un bellissimo panorama sulla città. Nei secoli è stato utilizzato come fabbrica di cristalli, trattoria, stalle per cavalli, fonderia per pallini da caccia ed attualmente la frantumazione di proprietà patrimoniale del complesso è un ostacolo ad ogni proposta di intervento organico ed unitario.

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