“Materia e forma. Energia Plastica dell’Immaginazione” è la mostra di Giovanni Ferrenti al Palazzo delle Arti di Napoli, curata da Annamaria Santarpia e aperta fino al 24 maggio. Sono più di cento le opere esposte dalle ceramiche ai fotogrammi. Giovanni Ferrenti scultore napoletano classe ’36 “non considera l’elemento materia come finito in se stesso ma infinito e capace di possibilità continue di cambiamento – spiega la curatrice dell’esposizione Santarpia – l’artista è capace di comprendere il rapporto con la natura attraverso la forma”.
Nello spazio museale viene raccontato il percorso artistico partendo dal figurativo, al nucleare per passare dall’espressionismo astratto all’informale.
Il dialogo con la materia nasce nell’artista molto presto, quando nel ’43 si trasferisce da Napoli in penisola sorrentina per allontanarsi insieme con la famiglia dalla brutture della guerra. Qui conosce un mondo idilliaco dove, attraverso l’incontro con il maestro Raffaele che aveva una fabbrica di mattoni nei pressi della sua casa, impara a modellare l’argilla. Ecco ottenuto il primo indissolubile contatto con la modellazione e la forma.
Una volta tornato a Napoli si iscrisse all’Istituto di chimica ‘Alessandro Volta’ e durante gli allenamenti di atletica ebbe un incidente piuttosto serio, batté la testa e perse l’olfatto, la memoria tanto da non poter procedere negli studi. L’insonnia notturna lo portò a produrre molto dal punto di vista artistico, passava le notti dipingendo. Viene portato a Ospedaletto d’Alpinolo in provincia di Avellino per essere guarito e qui incontrerà sua moglie Lilla che lo spronerà ad iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Napoli.
“La sperimentazione sulla forma inizia attraverso le tantissime lastre delle radiografie a cui era sottoposto – racconta ad ecampania la curatrice Santarpia – le taglia, le sbianca e le colora trasformandole in luce e proiettandole permettendo di farle diventare diapositive e sottoponendole ai suoi allievi nelle scuole in cui ha insegnato per anni. Nel ’64 incontra l’opera di Zoltan Kemeny che gli permette di intuire la realtà della forma legata al ferro, che può essere una materia non solo negativa (tante immagini legavano questo metallo alla guerra che aveva vissuto e sofferto) ma anche un elemento positivo, da plasmare, insieme ai rottami”.
Altre sperimentazioni con oggetti comuni da cui ottiene materia e luce è la nascita del “Pendolo luminoso” una sua invenzione da cui ricava forme particolari. Tra gli anni ’70-’80 si dedica al ferro ed elementi di riciclo. Tra i numerosi riconoscimenti e premi nel 2011 viene scelto da Vittorio Sgarbi per partecipare alla 54ima Biennale di Venezia – Padiglione Italia con l’opera “Sul campo di ortiche galoppa il vento e la farfalla muore”, attualmente al PAN.
La curatrice della mostra ha raccontato ad Ecampania di aver tentato un esperimento al vernissage della mostra “sono state tolte le didascalie per poter testare le emozioni e le impressioni spontanee delle persone per capire se le idee recepite spontaneamente concordassero con il senso delle opere attribuito dall’artista. In un caso, ad esempio, per l’opera “Io e te” l’interpretazione data dai fruitori è stata una immagine di guerra, in realtà si trattava di una rappresentazione dedicata all’artista e sua moglie Lilla, ma l’audace interprete non si era sbagliato di molto in quanto la catena utilizzata nell’opera era un residuato bellico utilizzato per condurre i prigionieri sulle camionette”.
Il finissage è in programma per il 24 maggio alle ore 10:30 al terzo piano del PAN, interverranno Luigi De Magistris sindaco di Napoli, Nino Daniele Assessore alla cultura del Comune di Napoli, Angela Cortese segretaria commissione cultura alla Regione, Prof. Clementina Gily Reda Università degli Studi Federico II di Napoli, architetto Franco Lista ispettore tecnico Miur, Prof. Carlo Palermo, Annamaria Santarpia storico dell’arte.
La fotografia di copertina è di Annamaria Santarpia.