Pompei, dove i vigneti hanno radici antiche

Si rinnova la vendemmia negli scavi di Pompei in un anno particolare, l’anno di Expo in cui l’attenzione è proprio sull’alimentazione.

Giunge alla XVI edizione l’iniziativa avviata dalla Soprintendenza in collaborazione con l’azienda vitivinicola Mastroberardino di Atripalda. La vendemmia curata dall’azienda irpina, con cui è nato il progetto di ricerca sperimentale nel 1994, porterà alla produzione di un vino pregiato proprio per il suolo in cui è prodotto, il Villa dei Misteri di Pompei. Si tratta di un lavoro che ha avuto il merito di focalizzare l’attenzione su materiali che in genere in archeologia classica vengono considerati secondari, un lavoro pioneristico fatto per la prima volta. “Il progetto ha una valenza scientifica ma anche di racconto – spiega il Prof. Gaetano Di Pasquale, ordinario di Agraria presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II – che esce dal sito archeologico e che parla delle campagne, dello spazio agrario che circondava la città, della produzione che da qui usciva e che probabilmente era importante anche per la ricchezza della città stessa. Si parla di circa 400 reperti per circa settanta entità botaniche diverse, si parla insomma di biodiversità costruita dall’uomo nei secoli, un’occasione per riportarci allo spazio agrario di duemila anni fa”.

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La città sepolta dal Vesuvio è pioneristica anche in questa ricerca, come ha affermato Osanna: “Pompei innova sempre dal punto di vista della scienza pioneristica, tutta una serie di novità sono nate a Pompei. Si sta progettando e si terminerà entro l’anno prossimo la musealizzazione del Laboratorio di scienze applicate dove si potrà vedere i reperti organici che solo in questo sito, in questa quantità e varietà di prodotti, si possono ammirare, l’anno prossimo insomma ci sarà una novità mentre per ora continuiamo nel solco della tradizione. Non si tratta di una operazione commerciale ma di una attività di ricerca a cui siamo particolarmente sensibili insieme con il Professore Mastroberardino.  È un progetto di ricerca in quanto permette di interrogarci su come veniva realizzato il vino, la messa in opera dei vigneti disseminati su aree estese della città antica”.

Tali attività sono dunque un chiaro segnale del dinamismo di Pompei che contemporaneamente alla presentazione della vendemmia ha ospitato il Convegno “Pompei e la civiltà della calce: storia, tecnologia, restauro”.

Sono quindici i piccoli appezzamenti impiantati a vigna su cui si lavora all’interno degli scavi di Pompei, Foro Boario, Triclinio estivo, Domus della Nave Europa, Caupona del Gladiatore ed altri, che hanno una resa potenziale di circa 30 quintali d’uva. Il Villa dei Misteri è prodotto con uve della qualità piedirosso e sciascinoso, dalle caratteristiche uniche proprio per essere riprodotto con le tecniche dell’epoca romana.

Per il Professore Piero Mastroberardino l’attività all’interno degli scavi rappresenta “un progetto da cui nasce un’attività squisitamente di ricerca sulla continuità ampelografica dei vitigni, la Campania è infatti una delle poche regioni che ha continuità da questo punto di vista, possiamo parlare di una viticultura che ha radici antiche ma che di anno in anno si rinnova con nuovi approfondimenti di ricerca, ad esempio l’utilizzo di una terza varietà con una tecnica di allevamento diverso che negli ultimi anni ha restituito dati sulle epoche di maturazioni diversificate, in Irpinia ci sono varietà che maturano più tardi mentre a Pompei si raccolgono prima”.

Quello di Pompei è dunque un progetto che offre tante informazioni sull’antico ma anche sul futuro, un collegamento ideale tra le radici che solo a Pompei si possono trovare e la famiglia Mastroberardino, la cui tradizione nel vino nasce con i Borbone e che si fa custode di questo piccolo scrigno.

Continua anche quest’anno, inoltre, il progetto dell’Istituto Superiore di Agraria “Vesevus Cesaro” di Boscoreale dal titolo “Fare agricoltura e mantenimento del verde in ambito archeologico” che ha visto la predisposizione di aiuole in cui si coltivano piante di interesse arboreo e orticolo che i pompeiani coltivavano duemila anni fa, e porterà alla realizzazione di un percorso aperto ai turisti che potranno vedere cerali, leguminose, etc. Gli alunni stanno seguendo anche l’area adibita a vivaio e l’orto botanico, su cui riprodurranno le piante presenti all’epoca, a partire dal vino dal punto di vista tecnico-scientifico fino alla parte applicativa grazie alla collaborazione che si è creata con la Soprintendenza. 

Riprese e video di Chiara Gargiulo

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