Il rivoluzionario napoletano: ecco Masaniello

Il pescatore e contrabbandiere capo della rivolta popolare nel Viceregno

In uno dei vicoli che circondano piazza del Mercato a Napoli, Vico Rotto, compare un’iscrizione che recita: In questo luogo nacque il 29 giugno 1620 Tommaso Aniello D’Amalfi e dove dimorava quando fu capitano generale del popolo napoletano. È lui, il protagonista della rivolta napoletana, personaggio idealizzato a metà strada tra realtà e leggenda, meglio noto come Masaniello.

Tommaso Aniello nacque a Napoli (e non come erroneamente si ritiene, sulla base del cognome, ad Amalfi) da una famiglia umile. Il padre era pescatore, mentre la madre faceva la massaia. A quel tempo Napoli era già una metropoli con circa 250.000 abitanti, talmente tanti da inserire la città tra le più popolose d’Europa.

Erano quelli, anni di rigide imposizioni fiscali causate da una serie di rovinosi conflitti in cui si impegolò la Spagna asburgica. La rivolta dei Paesi Bassi, la guerra dei trent’anni, la rivolta siciliana sono solo alcune delle lotte in cui fu coinvolto il regno, che per fare fronte allo sforzo bellico dovette imporre una forte pressione fiscale al Vicereame di Napoli, per risanare le casse imperiali.

Masaniello pare che in quegli anni, per sbarcare il lunario, abbia fatto anche il contrabbandiere, godendo di una certa fama. Nell’illecita attività era coinvolta anche la moglie Bernardina, che venne scoperta con una quantità di farina in una calza e venne arrestata per otto giorni. Per ottenerne il rilascio Masaniello fu costretto a pagare un riscatto di cento scudi, racimolati chiedendoli in prestito e contraendo numerosi debiti.

La tradizione vuole che fu proprio questo episodio che scatenò il desiderio di vendicare la popolazione dagli oppressori. In carcere Masaniello incontrò Marco Vitale, dottore in legge che lo mise in contatto con altre fazioni napoletane ormai stanche dei continui soprusi dei gabellieri e dei privilegi della nobiltà. Divenne anche allievo di don Giulio Genoino, prete difensore del popolo. Così iniziò a formare intorno a sé un nutrito gruppo di agitatori.

Dopo un periodo di stasi, la situazione di pressione fiscale sul popolo peggiorò con Rodrigo Ponce de Leòn duca d’Arcos, uomo frivolo e poco pratico di gestione governativa che impose una pesante gabella sulla frutta nel 1646.  Per sei mesi il popolo attese, dopo alcune esplicite richieste di soppressione della tassa sul cibo più consumato e più alla portata dei poveri, fino a che l’esempio dei tumulti siciliani spinsero anche i napoletani a rivoltarsi.

A capo dei rivoltosi popolani si pose Masaniello col fratello Giovanni, e durante gli scontri vennero bruciati i banchi del dazio a piazza del Mercato. Dopo altri scontri la ribellione giunse alla Reggia al grido di Viva ‘o Rre e Spagna, mora ‘o malgoverno.

Il duca d’Arcos si rifugiò nel Convento di San Luigi e da qui inviò una missiva con la promessa dell’abolizione di tutte le gabelle. Per quattro giorni continuò la rivolta fino a giovedì 11 luglio 1647 quando Masaniello si recò a Palazzo Reale per incontrare il vicerè. Qui un improvviso malore gli procurò uno svenimento e da cui nacque l’accusa di follia che presto lo investì.

Secondo alcuni lo svenimento fu causato dalla roserpina, un allucinogeno somministratogli durante un banchetto nella reggia, ma è molto più probabile che il repentino mutare della sua fortuna fu dovuto all’improvviso mutare della scena. Masaniello ora era Capitano generale del fedelissimo popolo ed era stato investito di poteri e responsabilità che non seppe gestire.

Il 13 luglio il viceré giurò sui capitoli del privilegio nel Duomo di Napoli: il popolo era alla fine riuscito ad imporre le proprie rivendicazioni al governo spagnolo. Ma intanto Genoino, di nascosto, tramava l’ eliminazione di Masaniello. Dopo un ultimo atto di follia in pubblica piazza, Masaniello venne trucidato con una serie di archibugiate.

Masaniello, descritto in letteratura e dipinto da numerosi artisti, attraverso la storiografia ottocentesca influenzata dai valori risorgimentali, è passato alla storia come l’eroico paladino degli oppressi contro la dominazione straniera, idea che tutt’oggi lo accompagna.

Masaniello è citato anche in una famosa canzone di Pino Daniele

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