Le sepolture dei nobili, il guardiano ed una macabra leggenda
“A morte ‘o ssaje ched’ è? È una livella”. Così recita la poesia di Antonio de Curtis, che racconta la storia di un uomo rimasto chiuso in un cimitero. La Sanità, luogo di origine di Totò, è uno dei quartieri più popolosi di Napoli. Il rione che oggi rappresenta il cuore della Napoli verace, un tempo è stato un’importante necropoli ed area cimiteriale.
Sotto la Basilica di Santa Maria della Sanità, sorge infatti quello che era il secondo cimitero paleocristiano più importante della città: le catacombe di San Gaudioso. Il nome deriva dal Vescovo africano arrivato a Napoli nel V secolo d.C., sepolto poi nell’area cimiteriale extra moenia di Napoli. Il luogo della sepoltura divenne subito oggetto di culto. Iniziò così ad espandersi il cimitero ipogeo paleocristiano divenuto poi Catacombe di San Gaudioso. Il primo nucleo delle Catacombe sorse tra il IV e V secolo d.C. Con il passare degli anni, le catacombe hanno subito numerose trasformazioni, è infatti ancora oggi difficile stabilirne l’ampiezza. L’area cimiteriale iniziò ad essere abbandonata dopo il Basso Medioevo, a causa di una mancata struttura fognaria e della pendenza del luogo, fango e detriti, chiamati Lave delle Vergini, cominciarono ad invadere il quartiere e i fedeli furono costretti a rifugiarsi nei piani alti degli edifici.
Le lave delle Vergini ostruirono l’accesso alle catacombe, che da lì in poi, vennero in gran parte modificate e colmate per costruire poi la Basilica. In quel periodo si verificò anche il trafugamento delle reliquie di San Gennaro, da parte del principe Sicone I. Successivamente, le spoglie di santi, tra cui San Severo e San Gaudioso, furono messe al sicuro all’interno delle mura di Napoli. La zona a quel tempo fu chiamata “sanità” perché ritenuta incontaminata grazie a proprietà miracolose attribuite alla presenza delle tombe dei Santi. Successivamente al ritrovamento di un affresco della Madonna, nel XVI secolo, le catacombe ripresero la funzione di sito sepolcrale. Probabilmente, la Madonna della Sanità, rappresenta la più antica raffigurazione mariana in Campania. Le catacombe di San Gaudioso, vennero poi affidate ai domenicani, che costruirono la basilica.
L’accesso alle Catacombe è all’interno della Basilica Santa Maria della Sanità, sotto l’altare maggiore. All’interno di esse troviamo sia particolari sepolture, riservate ai nobili, sia affreschi, mosaici ed elementi paleocristiani. Le sepolture dei nobili prevedevano un particolare procedimento: il loro teschio veniva murato, mentre il resto del corpo dipinto. L’affresco richiamava, sia nell’abbigliamento, sia nel mestiere, la posizione sociale del defunto. Ma ciò che richiama particolarmente l’attenzione è il così detto “rito della scolatura”, dal quale deriva anche l’attuale imprecazione “Puozze sculà”, cioè che tu possa morire.
Un rito macabro, ma che vale la pena descrivere e raccontare. I cadaveri venivano posti all’interno di nicchie così da far perdere loro i liquidi vitali. Il procedimento avveniva all’interno dei seditoi, che in napoletano sono chiamate cantarelle. Il nome deriva dal greco cantarus, in quanto al di sotto del defunto veniva posto un vaso per la raccolta dei liquidi cadaverici. Il difficile compito spettava allo schiattamuorto, ovvero il becchino, che per facilitare il disseccamento dei corpi, praticava su di essi anche dei piccoli fori.
Nel cimitero sotterraneo è presente un intero corpo murato, quello del Guardiano delle catacombe. Le sue mani sono appoggiate ad un cancello nella raffigurazione ed il suo compito era quello di bloccare le anime in Purgatorio, senza consentirne l’accesso al cielo. Accanto al guardiano, sono raffigurati due scheletri che si tengono per mano. La leggenda narra che una ragazza un giorno si recò al cimitero delle fontanelle e adottò il teschio di un capitano. Dopo diverso tempo, la giovane si fidanzò con un uomo, il quale, geloso del teschio che la donna possedeva, colpì con un bastone l’occhio sinistro del capitano. Lo scheletro del capitano, si presentò il giorno delle loro nozze ed alla vista dello scheletro i due sposi morirono. Pare che siano stati proprio questi luoghi ad ispirare il principe della risata, Totò, nella scrittura della ‘A Livella.
L’ingresso è dalla Basilica Santa Maria della Sanità, in Piazza Sanità, 14.
Orari di apertura: dal lunedì alla domenica dalle 10.00 alle 13.00 (ultimo ingresso ore 13:00).