Sposò l’imperatore Commodo ma lui la ripudiò e la fece uccidere a Capri con l’accusa di adulterio
“Partita” da Volcei, l’attuale Buccino, divenne imperatrice di Roma. Ma il destino non volle essere clemente con lei, tutt’altro. Finì in esilio a Capri, ripudiata dall’imperatore Commodo con l’infamante accusa di adulterio. Sulla sua morte c’è ancora un alone di mistero e, forse, non sarebbe stato il marito a decretarne la fine.
Delle origini di Bruzia Crispina non si sa altro che fu figlia del volceiano Lucio Fulvio Gaio Bruttio Presente, senatore, console per due volte nel 153 e nel 180 e di Laberia Crispina, figlia di Manio Laberio Massimo, anch’egli console nel 103 e che seguì l’imperatore Traiano nella campagna di Dacia e che fu spedito al confino dall’imperatore Adriano ché gli rinfacciava le ambizioni imperiali.
La vita di questa giovane donna cambiò nel 178 quando, giovanissima, sposò Commodo, figlio dell’imperatore Marco Aurelio. Poco dopo le nozze, il marito partì per andare alla guerra, quella che sarebbe stata l’ultima combattuta da suo padre che trovò la morte nell’accampamento di Vindobona, l’attuale Vienna.
Quando morì il suocero, nel 180, Commodo assurse all’impero per volontà del padre. E Bruzia Crispina fu nominata augusta, divenne la donna più importante di Roma in un periodo convulso e agitato che le fonti – probabilmenti fin troppo dure con Commodo – dipingono a tinte oscure, un passaggio dall’età dell’oro a quella di ferro e ruggine, come riferì Cassio Dione.
La vita coniugale non fu delle più felici. Ebbe onori ovunque, il suo volto era forgiato sulle monete e numerose iscrizioni parlano di lei. Tutto terminò bruscamente quando, accusata di adulterio, le venne imposto di lasciare immediatamente Roma. La rincorrevano voci calunniose, dopo che restò incinta e non riuscì a portare a termine la gravidanza. E poi, Commodo amava un’altra, Marcia una concubina probabilmente di religione cristiana.
Su di lei si urlarono i peggiori sospetti sulla sposa lucana dell’imperatore romana. La vera accusa, però, era un’altra: quella di non essere stata in grado di regalare un erede al marito che ne continuasse la dinastia e ponesse un freno alle lotte per il potere che avvolgevano gli ambienti politici romani dell’epoca.
Ripudiata, finì i suoi giorni a Capri, ammazzata in esilio. Non sarebbe stata coinvolta nella repressione della fallita congiura ordita dalla cognata, Lucilla, che mirava a spodestare l’Ercole romano e la sua morte risalirebbe al 188 anche se non c’è chiarezza né unanimità su questo fatto che, molti altri, spostano al 193, dopo l’uccisione di Commodo da parte del gladiatore Narcisso, su ordine dei congiurati che portarono all’impero Elvio Pertinace. Certo fu che il senato decretò la damnatio memoriae per Commodo e il provvedimento toccò anche Bruzia Crispina. Che non ebbe pace manco da morta, dato che il suo sarcofago sarebbe stato più volte violato. Oggi la sua figura è ricordata al Museo Archeologico di Buccino.