La Cappella di Santa Lucia a Massaquano, la storia celata e la riscoperta

Gli affreschi trecenteschi di seguaci giotteschi riscoperti da Don Antonio Guida

Ci sono luoghi che si scoprono per caso, girovagando nei piccoli borghi, gioielli preziosi dalla storia secolare. È il caso della Cappella di Santa Lucia a Massaquano, il più antico casale di Vico Equense in penisola sorrentina, una struttura trecentesca di piccole dimensioni ma dalla grande suggestione. Si ipotizza che ci abbiano lavorato seguaci del grande pittore fiorentino Giotto, che frequentò la corte napoletana dei D’Angiò insieme a tanti altri illustri personaggi passati alla storia per le mirabili opere.

La Cappella è un dono per i turisti e i curiosi restituito alla comunità grazie alla caparbietà di un prete, Don Antonio Guida, che inizia ad occuparsi della Cappella dal 1984 quando questa passò nei beni della Parrocchia di San Giovanni Battista, di cui era parroco, grazie al beneficio della famiglia Cioffo. Fu proprio un loro antenato Bartolomeo De Cioffo che nel 1385 fece costruire la cappella privata a beneficio dei sacerdoti della famiglia e fu ancora un loro discendente nel 1877 a coprirne le meraviglie affrescate secoli addietro. Come spesso accade i venti del rinnovamento non sempre si sposano con una reale comprensione delle opere che vengono modificate, deturpate o distrutte a seconda delle scelte effettuate. Nel caso della cappellina di Massaquano don Gennaro Cioffo decise di coprire le pitture trecentesche con scialbi di calce e sostituire il piccolo altare trapezoidale con uno in marmo più maestoso incassando al suo interno una tela con Santa Lucia.

Fu proprio il quadro di Santa Lucia che permise a don Antonio di ritrovare la cappella perduta. Aveva commissionato ad una pittrice (Serafica Cioffi) una copia della tela dell’altare (erano tempi in cui le chiese venivano depredate da sciacalli senza scrupoli). Rimuovendo la tela dall’altare si scoperse la pittura che celava gli affreschi trecenteschi, non obliterati dallo strato di scialbo come per le pareti laterali. Ciò che si rinvenne ancora oggi alla vista lascia stupiti: la Dormitio Virginis ovvero il Transito della Vergine, che in pochi luoghi in Italia si conserva ancora (un esempio è la Basilica di San Pietro a Civate dove esiste una rappresentazione in stucco dell’XI secolo). Si crede che l’affresco sia legato alla dominazione di Bisanzio nella zona, a testimoniarlo anche la presenza, in basso a sinistra nella parete dell’altare, di Santa Caterina di Alessandria.

In seguito alla riscoperta vennero effettuati sondaggi al di sotto del pavimento (in maioliche vietresi a coprire il trecentesco pavimento in lapillo) dove furono rinvenute le spoglie dell’abate Bartolomeo, di suo fratello Aniello notaio presso gli Angioini di Napoli e della madre. I resti mortali vennero raccolti in un’urna che ora giace nella parete destra entrando, con lo stemma dei De Cioffo. Nella parete sinistra vi è il trapasso dell’Anima di Santa Lucia, su quella di destra è la Passione di Cristo. Gli affreschi sono ricchi di simboli e riferimenti alla vita di Cristo e alle vicende dei santi rappresentati; solo per citarne alcuni: il corno che compare sulle teste degli Apostoli simbolo del loro annuncio dell’amore di Dio, la ruota dentata che ricorda il martirio di Santa Caterina; sotto il sarcofago della Madonna un sacerdote dell’Antica Legge che si scaglia contro la Vergine perchè ha generato il Messia, viene presentato con i polsi tagliati per la punizione divina dall’arcangelo Michele.

Sul portale gotico restano frammenti di un affresco con il Cristo Pantocratore benedicente.

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