La Chiesa dei SS. Filippo e Giacomo dell’arte della seta

In via San Biagio dei Librai un interessante complesso che racconta di un’antica eccellenza partenopea

La Chiesa dei SS. Filippo e Giacomo si trova su via S. Biagio dei Librai a Napoli, la tanto nota Spaccanapoli, cuore pulsante della città e soprattutto il luogo per eccellenza delle visite turistiche al centro storico. La Chiesa è indietreggiata rispetto all’asse viario, l’antico decumano della città greco-romana, e racconta la storia di una delle antiche eccellenze della città, quella dell’arte della seta. Napoli dal 1580 al 1630 si impone come grande città produttiva di seta.   

La chiesa si fa risalire al 1641, anno dell’inaugurazione, e ai consoli della seta, antica arte di grande importanza dal punto di vista economico dal ’500 alla fine dell’800 quando la rivoluzione industriale tolse il primato alla città partenopea. I consoli della seta, spostandosi dalla zona Mercato dove ebbero la prima sede, ampliarono il conservatorio già esistente che ospitava le figlie dei tessitori poveri di Napoli. I consoli acquistarono anche il palazzo del principe di Caserta Acquaviva per costruire il nuovo conservatorio delle figliuole povere dell’arte della seta (attualmente ospita una scuola) e successivamente il palazzo del duca Spinelli di Castrovillari (resta all’interno la stradina che separava i complessi mutato in corridoio del complesso). Il conservatorio si occupava anche del maritaggio delle fanciulle qui accolte dai 5 ai 14 anni, potevano essere orfane oppure erano figlie dei vari artigiani dell’arte della seta che non potevano offrire un futuro diverso alle figlie, qui vi potevano rimanere a vita oppure essere aiutate nel maritarsi.

Al complesso furono aggregate le chiese di Santa Maria delle Vergini e di San Silvestro che in un secondo momento assunsero la denominazione di SS. Filippo e Giacomo, protettori dei setaioli e contro le malattie cutanee.

Nella cripta venivano sepolti i poveri della corporazione, vera e propria area cimiteriale che accoglieva i resti con la doppia sepoltura con la scolatura e seppellimento dei resti, i morti erano calati dall’alto.

La corporazione è nata a Napoli ufficialmente nel 1477 affonda le origini nell’alto medioevo ma nasce come Consolato dell’Arte della Seta con tre consoli, un tessitore e due mercanti. Sarà con i re aragonesi che si creerà un ordine all’interno della corporazione: si occuparono di abolire i dazi doganali permettendo così di esportare senza dover pagare, istituirono una sorta di impunità iscrivendosi al libro delle arti della seta, venne istituito anche un tribunale. Nello stemma della corporazione compaiono i tre fili di seta più pregiati.

Le statue della facciata sono di Giuseppe Sanmartino. Grandi affrescatori lavorarono nella metà del’700 al restauro della chiesa voluto per tentare un rilancio dell’arte della seta che iniziava in quel tempo a vivere un declino. Autore degli affreschi della navata è Jacopo Cestaro con l’assunzione della Vergine e le storie dei Santi Filippo e Giacomo. Vi lavorarono grandi marmorari come Trinchese, Francesco Pagano che lavorano alle balaustre, alle acquesantiere e tanti altri pezzi di rilievo.

Si trova nella chiesa la prima cappella costruita per i Santi Filippo e Giacomo di cui restano solo tracce di affreschi con la Traditio Verginis, San Gregorio, San Girolamo e i santi titolari della Chiesa; nel registro superiore una crocifissione. La chiesa ospita anche i resti di San Nostriano, vescovo molto amato dai napoletani.

L’antica sacrestia settecentesca conserva il vecchio altare maggiore rimasto in chiesa fino al 1757 quando fu sostituito da quello marmoreo. Si tratta di un lavoro di Marco Antonio Tibaldi purtroppo attualmente conservato in parte a causa di ruberie avvenute negli anni ’70-’80. La tela è invece attribuita a Fabrizio Santafede. Resta anche un trono ligneo con lo stemma con le tre balle di seta della coprorazione. 

Si completa la visita ai resti archeologici dell’antico asse viario della Napoli del 1300-1400 con una pavimentazione a spina di pesce e mattoni, il piano di calpestio del palazzo del duca di Castrovillari, un tratto di muro in opus reticulatum e probabilmente resti di una domus di epoca romana. 

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