Il Criptoportico Romano di Alife, un testimone “vecchio” di duemila anni

Punto di riferimento per la storia alifana a partire dal I secolo d.C.

Nell’architettura dell’antica Roma il criptoportico (dal greco “criptos” = nascosto e dal latino “porticus” = colonnato) è un corridoio o una via di passaggio che fa riferimento a un ambiente chiuso, nascosto, ma non necessariamente sotterraneo. Il criptoportico, infatti, si poteva trovare anche al livello del terreno e fungeva da supporto a una struttura, come un foro o una villa. Con molta probabilità, l’origine di questa costruzione è da ricercare nel mondo ellenistico e in particolare nelle “stoai”, che erano corridoi porticati di servizio per spazi pubblici.

Il Criptoportico di Alife, in provincia di Caserta, è collocato nel quarto Nord-Est della città a 5,90 metri di profondità ed ha una planimetria di circa 600 mq con una pianta a tre bracci: i laterali sono lunghi 27,50 metri, mentre il centrale è lungo 44,00 metri (una sorta di“U” quadrata). Le tre ali sono divise in due navate da una serie di trentuno pilastri quadrangolari, realizzati in mattoni legati da malta gialla e sabbia locale, che inquadrano trenta fornici.

Nelle navate interne si aprono ventuno “spiracula” (lucernari tronco-piramidali a bocca di lupo) rivolte verso l’area centrale che nel livello superiore presentava un ampio peristilio a doppia navata (del quale il criptoportico costituiva il basamento), che terminava con alcuni gradini e un canale di gronda in direzione di un’area centrale scoperta, con pavimenti lucidati in calce e graniglia di calcare o cocciopesto. Sul lato esterno dei bracci corti si aprono due cunicoli minori, forse ambulacri di accesso al complesso. Le pareti sono foderate con uno strato d’intonaco di colore ocra, mentre la pavimentazione si presenta in semplice terra battuta.

Riguardo alla sua destinazione d’uso, non è da escludere che sin dalla sua edificazione in Età Augustea avesse la funzione di supporto di un Capitolium, il principale edificio religioso delle città romane dedicato al culto di Giove, Giunone e Minerva.

L’ambiente fu abbandonato nel corso del II secolo d.C. come attestano gli scarichi di vasellame e materiale edilizio gettati attraverso le prese di luce dei bracci interni, per essere inseguito livellati e formare un piano di calpestio che sembra essere stato frequentato solo occasionalmente. Nel V secolo i piani di frequentazione sono invasi da strati alluvionali di fango grigio, su cui vengono scaricate in seguito macerie, mentre una seconda e ancora più devastante alluvione tra l’VIII e il X secolo segna, in maniera significativa, la vita di questa parte della città. La mancanza di evidenze stratigrafiche databili tra il X e l’XI secolo testimonia che la zona è disabitata. Il quartiere tornerà a vivere solo dal XII secolo in poi, come pare documentato dall’abbondanza di materiale ceramico, collegabile probabilmente alla funzionalità del vicino castello e rispecchiano la fioritura della città nel tardo medioevo.

Il Criptoportico, inoltre, si pone come principale punto di riferimento anche per la storia alifana moderna, evidenziando il suo impiego come cantina nell’ambito del XIX e del XX secolo.

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