Situata sulla collina del Vomero, fu donata nel 1817 a Lucia Migliaccio, Duchessa di Floridia
Quando, all’alba del 1806, la seconda invasione napoleonica nel Regno di Napoli condusse Ferdinando di Borbone e la sua consorte, Maria Carolina d’Asburgo Lorena, a capitolare in Sicilia per nove anni, il “Re Nasone” perse letteralmente la testa per Lucia Migliaccio, Duchessa di Floridia, di nobile stirpe toscana, vedova del principe di Partanna, Benedetto Grifeo, e madre di nove figli.
La sua straordinaria bellezza, il fisico snello, nonostante le gravidanze, e un paio di occhi neri e profondi, avevano ispirato scrittori e poeti del tempo. Wolfang Goethe, che l’aveva conosciuta diciassettenne a Palermo, nel 1787, tradusse in tedesco i versi di Meli nella sua celebre lirica “Sizilianisches Lied” (“Canto siciliano”), in cui si fa riferimento al fascinoso sguardo di Lucia Migliaccio.
Maria Carolina che, nel frattempo, era stata privata di qualsiasi influenza politica, aveva fotto ritorno a Vienna, nel Castello di Hetzendorf, dove morì l’8 settembre del 1814. Ottanta giorni dopo, esattamente il 27 novembre, Ferdinando e Lucia si sposarono segretamente presso la Cappella Regia di Palermo: 64 anni lui, 44 lei.
Tutto lascia pensare che i due fossero già amanti da tempo: come attesta lo storiografo Michele Palmieri di Miccichè, l’ultimogenita della duchessa, Marianna, per la quale il re nutrì sempre un profondissimo affetto, nacque nel 1808, quando la relazione tra i due era in pieno corso.
Sconfitti i francesi, Ferdinando tornò a Napoli e portò con sé Donna Lucia, la moglie morganatica (sposa ma non regina) che, a dispetto dei pettegolezzi di corte che la dipingevano come un’arrivista, si dimostrò una donna docile, semplice, discreta e, soprattutto, lontana dalla politica e dai suoi intrighi.
Come gesto di riconoscenza per la serenità del loro matrimonio, nel 1817 il re regalò alla sua consorte una splendida villa di origine settecentesca che si trovava, con l’annesso parco, sulla collina del Vomero. La dimora, ironia della sorte, era appartenuta a Lullin, Jacob-Frédéric De Cherveaux, amante di Maria Carolina.
In onore alla Duchessa di Floridia, sull’ingresso della villa fu posta una targa dorata che riportava la scritta: “La Floridiana”.
I lavori di ristrutturazione furono affidati al progettista toscano Antonio Niccolini che rimodernò la palazzina originaria secondo il gusto neoclassico del tempo. Realizzò prima tre terrazze, raccordandole con uno scalone monumentale in marmo e ampliò la struttra, a pianta rettangolare, grazie alla costituzione di due ali adiacenti laterali, destinate ai luoghi di servizio. La facciata posta a settentrione, considerata da sempre quella principale, fu organizzata su due piani lineari mentre quella rivolta a meridione fu articolata su tre piani. Il tutto si concludeva con un attico a balaustre, sormontato da una meridiana inserita fra due cornucopie.
Per ampliare il giardino Ferdinando acquistò un podere limitrofo facendo costruire una palazzina che fu chiamata Villa Lucia e la collegò alla Floridiana tramite un ponte.
Ad arricchire il parco ci pensò Friedrich Dehnhardt, direttore dell’Orto Botanico e giardiniere reale, che insediò oltre 150 specie vegetali e alcune “bizzarre” attrazioni, come una vasca con loggia, una statua egiziana, una pescheria, un tempietto ionico e il Teatrino della Verzura, una struttura ellittica immersa in una siepe di mirto. Non mancarono animali esotici, compresi leoni, tigri e una coppia di canguri, frutto di uno scambio con l’Inghilterra.
La morte colse il Re Ferdinando la mattina del 4 gennaio 1825. Lucia, si spense a Napoli dopo meno di 14 mesi, il 26 aprile 1826, a 56 anni.
La villa passò alla figlia di Lucia, Donna Mariannina, e al consorte, il Conte di Montesantangelo. Il loro figliolo, affetto da demenza, passò parte della sua vita a gattonare tra i giardini e le terrazze della Floridiana, convinto di essere una delle bestie che la abitavano.
Alla fine dell’Ottocento la villa e il parco furono acquistati per quattrocentomila lire dall’americano Alexander Henry Davis. Nel 1916 passò al Demanio dello Stato Italiano che, nel 1927, la trasformò nella sede della Collezione di Placido de Sangro, Duca di Martina.
Il Museo è aperto dalle ore 9.30 alle ore 17.00 (ultimo ingresso alle ore 16.15 con uscita da Falcone). Chiuso il martedì. Il costo di ingresso è di 4 euro intero, 2 euro ridotto.