
L’artista calabrese che la città di Napoli ha saputo accogliere e rendere famoso
“Smile, without a reason why, love, as if you were a child, smile, no matter what they tell you don’t listen to a word they say ‘cause life is beautiful that way”. Sorridi senza un perche’, ama come se fossi un bambino, sorridi non ascoltare quello che dicono perché la vita è bella così com’ è. Così cantava Noa in quella che fu poi la colonna sonora di un film di grande successo “La vita è bella” di Roberto Benigni.
Se potessero materializzarsi queste parole in una forma d’arte, sarebbero scultura e sapete quale? Senza ombra di dubbio una di quelle sculture realizzate tra la fine dell’ ottocento e gli inizi del novecento da un artista, che, venuto da un sud ancora più povero, a Napoli visse e studiò: si chiamava Giuseppe Renda.
Giuseppe Renda è stato uno scultore calabrese che questa città seppe accogliere e rendere famoso. Qui è morto nel 1939 dopo aver acquistato fama e notorietà anche all’estero.
Studiò all’ Accademia di Belle Arti con maestri come Stanislao Lista, Gioacchino Toma, e Tommaso Solari (e scusate se è poco). Talentuoso e pieno di vita, amava lavorare soprattutto con gesso, terracotta e bronzo. Sotto le sue mani irrequiete, la materia diventava sempre più vibrante soprattutto negli ultimi anni; lui plasmava e creava, le sue dita erano come un pennello capace di creare chiaroscuri di materia dando vita alle sue opere. Cosa fanno tutti i suoi personaggi? Tutti, senza distinzione, uomini, fanciulli e donne? Ridono. Strizzano gli occhi e ridono. Muovono le loro mani e ridono. Loro ridono, e lo fanno con noi e per noi. Ridono sempre anche quando, come il mirabile “Noli me tangere” conservato al Maschio Angioino, si proteggono istintivamente dietro palmi tesi e aperti. Anche le mani sono sorriso. Tutte le sculture di Renda sono esplosione di gioia, espressione di incondizionata fiducia in un futuro che deve venire e che solo noi possiamo scrivere. Il messaggio è chiaro, per scrivere un futuro migliore non servono penne ma labbra e denti da mostrare al mondo.
Questa è anche infondo la morale di quella “epoca bella” in cui visse; Renda riusciva ad esaltare la bellezza della vita sintetizzandola spesso anche nella sola bellezza femminile. I sorrisi delle sue donne sono musica: un inno alla gioia da far invidia allo stesso Beethoven. Ottimismo e vitalità esplosiva, in arte si chiama semplicemente “liberty” ed è fatto spesso di fiori eleganti ed altissimi, anche le capigliature di quelle donne che Renda plasma e “acconcia” diventano, sotto le sue dita, corolle, il collo è uno stelo sottile, il fiore sboccia, diventa sorriso.
E il sorriso ha un profumo: è il profumo della vita.
Possedeva verve e gusto fantasioso il nostro baffuto scultore che si auto ritrae, manco a dirlo, sorridente come non mai, nel mezzo busto sempre conservato al Maschio Angioino. Fu interprete consapevole di un nuovo slancio vitale che cominciava ad invadere tanti settori di una economia nazionale ed europea in grande ripresa. Come un instancabile contadino attraverso le sue opere, Renda semina, ancora oggi, sorrisi ovunque e questi sorrisi, attenzione, sono incredibilmente contagiosi. Hanno ali per volare e diffondere messaggi positivi. Ogni scultura è un piccolo sole che irradia raggi di gioia.
Tra la fine del 2007 e gli inizi 2008 Napoli dedicò allo scultore calabrese una interessante retrospettiva in seguito alla donazione di 12 sculture che la nipote dell’artista, Gabriella Majolo, donò al museo civico del Maschio Angioino. È qui che oggi Giuseppe Renda divide la scena con altrettanti “campioni” della sua straordinaria epoca, da Jerace a Gemito, da Mancini a Tizzano. Sono tutti lí al terzo piano loggiato del Castello dove batte il sole, si vede il mare e si odono gabbiani. Un’atmosfera di pace che ricorda quella Napoli che fu, piena di orti giardini e limoni; una Napoli liberty piena di artisti che profumava di fiori e soprattutto di sorrisi.
