Il Palazzo Baronale di Torre del Greco, dove il re Alfonso amò Lucrezia

Vicende e protagonisti della struttura oggi sede del Comune

Raccontare la storia del Palazzo Baronale di Torre del Greco è anche descrivere la città e i suoi protagonisti. Situato su una rupe a picco sul mare, le sue origini possono essere ritrovate nei resti archeologici visibili all’ingresso della struttura, attuale Palazzo di Città. Lo scavo, effettuato in anni recenti, ha restituito tracce di un torrione di epoca normanno-sveva e dei successivi sviluppi della residenza nobiliare in epoca angioina ed aragonese.

Si sa che in epoca angioina la regina Giovanna cedette al suo amante Sergianni Caracciolo il castello per sanare dei debiti contratti e nuovamente riottenuta la proprietà la cedette ad Antonio Carafa detto il Malizia per un altro prestito di 1600 ducati d’oro. Nella lotta tra angioini ed aragonesi il Malizia fu punito con la confisca del castello dalla regina Giovanna per essersi schierato dalla parte degli Aragonesi e così il palazzo fu donato alla Curia Arcivescovile di Napoli.

Il momento di maggior splendore del Palazzo fu con l’arrivo di Alfonso il Magnanimo che trascorse molto tempo a Torre del Greco per stare accanto alla sua amata Lucrezia d’Alagno, figlia del feudatario della vicina Torre dell’Annunciata (Torre Annunziata). La loro fu una storia d’amore intensa e secondo gli storici anche casta dal momento che il re aveva già una moglie, Maria di Castiglia, rimasta in Spagna e da cui non ebbe figli. Il re si fece costruire una stanza nell’orto della dimora dell’amata per poterle stare accanto (resta nella toponomastica locale l’Orto della Contessa) e solevano passeggiare lungo le fontane che si trovavano ai piedi del castello verso il mare nella speranza di poter coronare con le nozze il loro grande amore, speranza rimasta vana fino alla morte del re. Dopo quel momento anche le sorti di Lucrezia si rovesciarono, accusata di essere a favore degli angioini che reclamavano il trono, dovette fuggire in Dalmazia e poi a Roma dove pare sia morta in povertà. La storia d’amore della bella Lucrezia e del re si può leggere in “Storia e leggende napoletane” di Benedetto Croce.

Dopo la morte di Alfonso il Magnanimo il castello fu reclamato dalla curia a cui era stato donato ma anche da Francesco Carafa che si propose di restaurarlo in cambio di 100 libre annue di cera lavorata. Da allora possedettero pacificamente la dimora tutti i padroni di Torre e la sua comarca.

Pare che nel ‘600 il palazzo baronale abbia ospitato anche personaggi vicini al Caravaggio e fu sede della raccolta di opere d’arte antica del viceré Ramiro di Guzmάn e sua moglie Donna Anna Carafa; tra gli oggetti in loro possesso si ricorda il rilievo marmoreo con Ermes, Orfeo ed Euridice rinvenuto in contrada Sora a Torre del Greco dove sorgeva una splendida villa residenziale.

Nel 1699 col riscatto da parte dei cittadini il palazzo passò in comune possesso delle tre Università di Torre, Resina e Portici sancendo così la fine del governo dei feudatari. In quell’anno il barone Giovanni Langella prendendo possesso della sua carica onorifica (aveva 85 anni ed apparteneva ad una famiglia modesta, non avrebbe rispristinato la signoria) con un solenne corteo entrò nel palazzo sancendo la sua podestà. Nel 1711 il palazzo venne messo in vendita e acquistato per intero dall’Università di Torre che riscattò le quote delle altre cittadine tenendo la struttura per sé; così rimase esclusivo possesso della città e divenne sede del governatore e alloggio dei soldati.

Dal 1851 il Palazzo Baronale è sede del Comune. Appartengono a quegli anni le modifiche interne e gli adeguamenti ad uffici del primo piano; ciò che resta dell’antico palazzo è l’ala nord che affaccia su via Barbacane e sulle Cento Fontane. Il Palazzo Baronale oggi è anche sede di manifestazioni ed eventi culturali.   

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