Abbiamo visitato per voi la mostra ‘Ori, argenti, gemme e smalti della Napoli angioina – 1266-1381’ al Museo del Tesoro di San Gennaro
La mostra “Ori, argenti, gemme e smalti della Napoli angioina – 1266-1381” al Museo del Tesoro di San Gennaro a Napoli parte da San Gennaro e termina con lui.
Si parte dal busto in argento sbalzato, cesellato e dorato collocato per l’occasione nelle sacrestie, punto dove in genere finisce la visita al museo. Per la mostra l’itinerario di visita parte proprio dal busto che generalmente è collocato nella Cappella di San Gennaro nel Duomo. Il busto porta su di se le tracce della dinastia che a partire dal 1266 fecero di Napoli una capitale. Sul busto si vedono i bottoni smaltati con il simbolo degli angioini, lo stemma araldico raffigurante il giglio di Francia. Il busto reliquario fu voluto da Carlo II nel 1305 in onore dei mille anni dalla morte del Santo e fu realizzato da un gruppo di maestranze francesi, giunte insieme alla corte a Napoli.
È questo un periodo di forte pressione fiscale ma anche di grandi costruzioni e di rinnovamento urbanistico: è in questo periodo che sorge il primo impianto del Duomo, di Santa Chiara, del Castel Nuovo, San Pietro a Majella, San Domenico Maggiore e molte altre importantissime costruzioni. Ci fu in questo periodo anche un grande sviluppo di artigianato e commercio con l’arrivo a Napoli di artigiani che introducono in città nuove tecniche artistiche. Con gli orafi francesi giungono a Napoli il cloisonné e champlevé. Il busto è il primo lavoro dell’arte francese orafa a Napoli e molto probabilmente il suo esempio più illustre, giunto fino a noi. È lavorato con la tecnica del cloisonné, arricchito poi da pietre preziose e smalti champlevé (i bottoni con gli stemmi araldici).
Il busto fu voluto per onorare il millenario dalla morte del Santo decapitato a Pozzuoli secondo l’usanza riservata ai patrizi (i plebei venivano crocifissi). Le fattezze del viso sembra siano state tratta da un membro della famiglia reale che ha posato per l’occasione o forse riproduce l’Arcivesco di Napoli Uberto d’Ormont di cui in mostra si può ammirare anche un ritratto diretto. La base del busto reliquario è successiva, di epoca barocca e riproduce alcune scene legate alla vita del santo, tra cui la decapitazione a Pozzuoli all’interno dell’anfiteatro romano.
In mostra anche il ritratto marmoreo di Carlo I d’Angiò generalmente conservato nei magazzini di Capodimonte, due pastorali provenienti da Atri e Sorrento.
La meravigliosa mitra di Amalfi, considerata come la più preziosa mitra del medioevo europeo, successivamente sostituita dalla mitra conservata nel caveau del Banco di Napoli che tuttora viene indossata dal busto in processione e realizzata nel Borgo Orefici di Napoli che ha origine proprio in epoca angioina. La mitra amalfitana è arricchita con 19.330 perline orientali con pietre dure incastonate con taglio a cabochon e cornici lavorate a traforo. Sulla superficie si vedono che mancano alcune pietre, ma l’opera non è mai stata restaurata per non alterarne le fattezze.
In esposizione un reliquario proveniente da Bari con gargoyle e leoni stilofori, un pendente a forma di giglio francese, il braccio reliquario di San Ludovico da Tolosa, altro pezzo importante dell’esposizione. Nel reliquario si vede alla mano l’anello simbolo delle sue origini nobiliari e della sua attività da arcivescovo, voluto da Sancha di Maiorca, moglie del re Roberto d’Angiò.
E ancora il reliquario di San Costanzo patrono di Capri, un reliquario in cui si dice fosse stato contenuto un capello della Vergine e si finisce con uno dei pezzi della collezione del tesoro, il reliquario del Sangue di San Gennaro di Giovan Domenico Vinaccia: splendido esempio di oreficeria trecentesca angioina, con le ampolline del sangue fiancheggiate da due angeli, secondo un modello della tradizione trecentesca francese.
Il percorso sulle opere di epoca angioina termina qui ma è possibile continuare la visita ai pezzi conservati solitamente nel Museo. La visita termina così come è iniziata, con il ritratto di San Gennaro di Francesco Solimena e l’atto notarile della Eccellentissima Deputazione della Real Cappella del Tesoro di San Gennaro che detiene la cura della Cappella e del Museo.