Lo spiritello partenopeo tra storia e mito

O’ Munaciello, a chi arricchisce e a chi appezzentisce

Napoli è una terra di leggende. La città stessa nasce da una leggenda, quella della bella e attraente sirena Partenope che morì nel luogo dove successivamente sorse Castel dell’Ovo, uno dei primi nuclei abitativi.

Tanti sono i miti che si perdono nella storia e nelle vicende di Napoli, ma in alcuni pare che ci sia un fondo di verità. Come nel caso di un personaggio del folklore napoletano tra i più noti al mondo, il Munaciello.

Rappresentato come un uomo di piccola statura vestito con un saio e il cappuccio a coprire la testa (da cui il nome, “piccolo monaco“), birichino e dispettoso, era sempre colpa del Munaciello se nelle case napoletane spariva qualcosa all’improvviso o altrettanto di sorpresa si ricevevano doni o fortune. Un personaggio temuto se lo si faceva arrabbiare, ma anche vezzeggiato, perché se lo si trattava bene, numerosi sarebbero stati i doni offerti in cambio.

Non era solo un benefattore, il Munaciello, era anche un vizioso briccone che faceva dispetti alle donne belle, con palpatine inaspettate, ma sempre in cambio di regali preziosi, soprattutto per i più poveri.

Ricercando la storia originaria di questa figura, sembra che la vicenda del Munaciello sia riferibile ad un bambino nato deforme, come narra Matilde Serao in Leggende Napoletane.

Era il 1445 quando Caterinella Frezza, figlia di un ricco mercante, si innamora di un giovane garzone Stefano Mariconda povero e squattrinato tanto da suscitare l’avversione del padre di lei che si oppone alla relazione. Ciò nonostante, i ragazzi continuano ad amarsi, tanto da mettere al mondo un bambino. Accade però che Stefano viene misteriosamente ucciso nel luogo dove erano soliti incontrarsi con Caterinella, che distrutta dal dolore, si ritira in convento e da alla luce un maschio, purtroppo deforme.

Le suore del convento si prendono cura di lui e da adulto lo vestono con un saio per nascondere le forme orride, quando di notte esce nel paese. Nonostante l’abbigliamento che lo cela, la gente del popolo lo beffeggia chiamandolo “lu Munaciello”. Col passare del tempo, come spesso accade, le storie reali diventano leggende e al povero ragazzo non voluto e malato vengono affibbiati poteri magici.

L’essere misterioso, dai poteri insiti nel cappuccio della veste, che è addirittura capace di renderlo invisibile, è collegato ad una professione storica, il “pozzaro”, esperto conoscitore del sottosuolo partenopeo, impiegato per sistemare i problemi tecnici nelle cisterne dell’acquedotto. Il pozzaro si intrufolava spesso in tombini e percorsi molto stretti, ecco perché si adoperavano uomini di piccola statura e molto esili, con un abbigliamento comodo che permettesse di muoversi agilmente tra i cunicoli, una tunica scura con un cappuccio.

Questi uomini avevano in un certo senso le “chiavi di accesso” alla città dal sottosuolo, attraverso cui era piuttosto semplice accedere nelle case dei ricchi portando via qualcosa da mangiare, qualcosa di prezioso o inquietando le padrone, molto spesso compiacenti. In quei casi il Munaciello, galantuomo, lasciava un dono per il marito, quasi a tenerlo buono e ringraziarlo.

Ecco dunque svelato il mistero di questi spiritelli dispettosi, che comunque è meglio non sottovalutare, se vale il detto “non è vero ma ci credo!”.

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