La lunga storia del tempio voluto dai longobardi oggi inserito nel patrimonio Unesco
La chiesa di Santa Sofia rappresenta uno dei simboli più affascinanti del passato di Benevento, di quando il Sannio era il centro di un complesso e articolato sistema di potere che mirava a fondere la forza e la saggezza della romanità con la capacità guerriera delle popolazioni del Nord. Fu centro di culto e di potere, rappresentò allora (come oggi) la presenza dei longobardi in Italia fino a diventare – dopo la sconfitta di re Desiderio ad opera dei Franchi di Carlo Magno – il centro spirituale dell’intera “nazione” longobarda.
Quello di Santa Sofia è un complesso religioso che è il simbolo della presenza longobarda, tanto nel Sannio quanto in tutta Italia. La chiesa e quella che fu l’abbazia annessa rappresentano una delle gemme più belle e importanti della Longobardia minor e, a pieno diritto, figurano dal giugno del 2011 nel patrimonio Unesco insieme agli altri sei siti dal Nord fino al Sud Italia (Brescia, Cividale del Friuli, Castelseprio, Spoleto, Campello sul Clitunno e Monte Sant’Angelo) che compongono insieme il percorso de “I Longobardi in Italia, i luoghi del potere”.
La chiesa di Santa Sofia venne edificata nel 760 dopo Cristo e consacrata quattordici anni dopo, nel 774. Fu voluta da Arechi II che aveva pensato di destinare l’abbazia annessa alla Chiesa alla fondazione di un monastero femminile, posto sotto l’egida di sua sorella Gariperga, dell’autorità religiosa e politica di Cassino e di San Benedetto. Il tempio è molto raccolto. Su pianta circolare, non supera i ventiquattro metri di diametro. Al centro vi sono sei colonne che secondo alcuni rappresenterebbero un elemento di continuità di culto pagano-cristiano dacché sarebbero state prelevate dal tempio di Iside. Le colonne sostengono una cupola e formano un esagono che, con ogni probabilità, era la pianta originale della chiesa. Questa, infatti, gravemente danneggiata dopo il terremoto del 1688 e poi dopo quello del 1702, fu ricostruita con criteri più fedeli ai gusti dell’epoca che all’originale e la pianta divenne, così, circolare da un originale forma a stella. L’ingegner Carlo Buratti, che curò la ricostruzione sotto le indicazioni del cardinal Orsini (che diventerà papa con il nome di Benedetto XIII), rivoluzionò i piloni, le absidi e aggiunse due cappelle ai lati della navata.
Dell’antica costruzione resta il bassorilievo del XIII secolo che è oggi collocato nella lunetta del portale romano della facciata barocca della Chiesa.