Stendhal e i due volti di Napoli

Napoli è stato un luogo del cuore per decine di geni grandiosi dell’arte, della letteratura, della cultura mondiale. È qualcosa che accomuna il turista della domenica a intelligenze assolute, lo stupore che negli occhi e nel cuore inonda chi, a Napoli, riesce a incontrare la sua ispirazione.

Tra di loro ci fu Stendhal che, come tanti ai suoi tempi, si concesse il lusso del Grand Tour italiano toccando tre città superbe: la bellissima Firenze, l’eterna Roma e, appunto, Napoli. Ne fece un libro, uscito nel 1817. Era innamorato dell’Italia ma deluso dagli italiani e, ancor di più, dai napoletani che avevano voltato le spalle all’ “Uomo”, Napoleone Bonaparte.

È passata alla storia la chiosa al suo “diario” nella parte in cui scrive proprio di Napoli. “Parto. Non dimenticherò né la via Toledo né tutti gli altri quartieri di Napoli; ai miei occhi è, senza paragone, la città più bella dell’universo”. C’è ben poco da commentare: sono parole che dicono tutto, senza tema di smentita. Tanto, perciò, basterebbe.

E invece no. Stendhal si inchina di fronte alla maestà del Teatro San Carlo, autentica meraviglia del suo tempo: “Non c’è niente in Europa, non direi di simile, ma che possa anche lontanamente dare un’idea di ciò”. Però la bellezza del San Carlo, che rivendica alla restaurazione borbonica i meriti di una ricostruzione lampo, resta sullo stomaco allo scrittore francese. Che, dopo aver notato come il nome di re Ferdinando sia diventato intoccabile dopo la presentazione del (nuovo) San Carlo, poco più in là fustiga l’indifferenza politica dei napoletani, di ogni ceto e condizione.

E come usa parole al miele per descrivere la città, così riserva veleno ai suoi abitanti: “Per un’ora e mezzo, mi sono sorbito il più sciocco patriottismo d’anticamera e in mezzo alla società più eletta. Il difetto italiano – sentenzia Stendhal – sta proprio qui: le disfatte di Murat sembrano averlo accentuato”. Quale sia, lo spiega subito dopo: “Fatto sta che a Napoli, come in Spagna, la buona società sta ad una distanza immensa dalle classi basse e, diversamente dal popolo spagnolo, il popolino napoletano, corrotto dal clima troppo mite, non si batte, dice, se ho ragione io, San Gennaro non mancherà d’uccidere tutti i nemici”.

Come ogni rivoluzionario, è probabile che Stendhal, figlio dei suoi tempi e cultore della religione laica dell’uomo della Provvidenza, nel suo caso Napoleone Bonaparte, non comprese che il disinteresse verso le vicende politiche, più che figlio dell’ignavia, era forse corollario dell’insegnamento classico e dal sapore epicureo di cui Napoli – fino a qualche decennio fa – era custode. La ubris umana viene sempre punita, prima o poi, dagli Dei. Perciò non val la pena di alterarsi ma, sicuramente, è meglio vivere senza lasciarsi turbare dalle passioni.

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