Custodisce le spoglie di San Matteo, patrono della città, e le vestigia di un glorioso passato
Nel Duomo di Salerno si intreccia la storia culturale ed artistica della città, custodisce spoglie di uomini illustri e raccoglie la fede del territorio che si affida a San Matteo, l’apostolo a cui la costruzione fu dedicata dopo il ritrovamento delle spoglie. La data di fondazione si colloca dopo la conquista di Salerno da parte dei normanni nel 1076. Committente dell’opera fu proprio Roberto il Guiscardo che impose il suo potere su quei territori infondendoli di nuova linfa. Il vescovo Alfano I, monaco cassinese, aveva rinvenuto le spoglie del santo martire e spinse per la creazione di un luogo dove questi sacri resti potessero essere onorati. La cripta, dove ancora oggi sono custodite le spoglie, venne costruita in soli sei mesi, poi si procedette a costruire la chiesa, iniziando dal transetto e continuando verso il portale.
Ci si accorge subito di trovarsi dinanzi ad un’opera monumentale, per chi supera il Tempio di Pomona, residuo di epoca romana, ha dinanzi, svettante, il campanile romanico a tre livelli, che ingloba nella base delle colonne marmoree. La forma a cui si ispirarono per costruire la chiesa fu l’Abbazia di Montecassino fatta edificare alcuni anni prima dall’abate Desiderio che aggiunse, ispirandosi all’arte paleocristiana, il transetto triabsidato, inesistente nelle chiese coeve.
Anche la cripta ad aula è un elemento di novità rispetto al periodo, mentre per il resto, l’aspetto attuale della struttura risente della ristrutturazione barocca necessaria in seguito al terremoto del 1688 che danneggiò gravemente la cattedrale. In particolare l’intervento della fine del ‘600 di Carlo Buratti sconvolse definitivamente l’aspetto della chiesa, inglobando nei pilastri massicci le colonne che sostenevano prima la struttura.
Si inizia la visita dalla cosiddetta Porta dei Leoni, insieme straordinario di arte medievale, con i leoni marmorei a guardia dell’ingresso e l’architrave tardoantico. Oltrepassando la porta si entra nel porticato antistante la chiesa. Lungo i bracci laterali sono disposti una serie di sarcofagi tardoantichi riutilizzati per nuove sepolture nel medioevo. Ventotto colonne reggono il porticato, tutte diverse tra loro che tradisce l’origine diversificata e il riuso nella costruzione successiva. Al di sopra un loggiato con pentafore e bifore.
Entrando a destra si nota un portale dove è affissa una iscrizione che ricorda il luogo dove San Tommaso svolgeva le sue lezioni e si ritiene anche che fosse l’aula della Scuola Medica Salernitana e dello Studio di Giurisprudenza.
La porta in lega metallica dell’ingresso è una delle sei porte fuse a Costantinopoli (le altre sono quelle della cattedrale di Amalfi, Atrani, San Marco a Venezia, Monte Sant’Angelo, Montecassino). È composta da 54 pannelli decorati, 46 con una croce e gli altri con l’immagine di un santo ottenuto con la tecnica dell’agemina. Sul loggiato marmoreo settecentesco compaiono al centro San Matteo e San Grammazio e San Bonosio.
Entrando si notano subito i mosaici che arricchiscono gli absidi e i due amboni marmorei nella navata centrale. Sulla sinistra l’ambone piccolo per la liturgia dell’Avvento detto anche del Guarna dal nome del committente, l’arcivescovo Romualdo I (1153-1180). Il secondo ambone più grande di XIII secolo era usato per la liturgia del Sabato Santo. Sculture, colonne, mosaici arricchiscono queste splendide opere., parzialmente modificate nel ‘700 quando si aggiunse il ballatoio che collega gli amboni al coro ligneo. Nel centro dell’abside è collocata la cattedra di Gregorio VII, il papa che morì esule a Salerno e le cui spoglie riposano nel duomo, nell’abside delle crociate a destra dell’altare maggiore. L’abside è detto così perché qui si recavano i crociati a benedire le armi prima di partire per la Terra Santa.
Numerose opere d’arte sono collocate nelle cappelle laterali e lungo le navate, come il dipinto di San Gennaro di Francesco Solimena nella prima cappella a destra. Alla fine della navata sinistra è il monumento funebre della regina Margherita di Durazzo madre del re Ladislao, opera di Antonio Baboccio principale scultore della corte durazzesca tra fine Trecento e primo Quattrocento.
Da entrambe le navate si può raggiungere la cripta, tripartita da una doppia fila di colonne. Come la si vede oggi è il risultato dei lavori compiuti nel ‘600 dall’architetto Domenico Fontana e da suo figlio Giulio Cesare. La doppia statua bifronte è opera dello scultore fiorentino Michelangelo Naccherino. I dipinti della volta sono di Belisario Corenzio. L’abside centrale è detta anche cappella della Scuola Medica Salernitana dedicata ai santi martiri salernitani, è conservato un troncone di colonna su cui si crede siano stati decapitati i santi e si dice che appoggiando l’orecchio al marmo si senta ancora il sangue pulsare.
Apertura: giorni feriali dalle ore 9.30 alle ore 18.00 giorni festivi dalle ore 16.00 alle ore 18.00.