A Torre Annunziata si è tenuto il terzo convegno annuale “Rivediamoci, tra storia e ricerca” promosso dal Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno” su The Oplontis Project, il progetto di ricerca condotto dall’Università del Texas sul sito archeologico di Oplontis. A introdurre ai presenti lo stato delle ricerche e dei preparativi per la grande mostra che aprirà le porte al pubblico negli USA nel biennio 2016-2018, il Professor John R. Clarke, impegnato sul campo oplontino da dieci anni e insegnante presso il Dipartimento di Storia dell’arte e Archeologia dell’Università di Austin in Texas.
Alla serata, svoltasi al Liceo Artistico Statale “Giorgio de Chirico” di Torre Annunziata, hanno partecipato il Presidente del Centro Studi, Vincenzo Marasco, l’Assessore alla Cultura di Torre Annunziata Antonio Irlando, la Dott.ssa Bonino della Soprintendenza di Pompei, introdotti dal preside dell’istituto Prof. Felicio Izzo. Presenti anche due aree espositive curate da Alfredo Scardone e Antonio Falcolini, che hanno accolto il pubblico in abiti rievocativi dell’epoca romana.
Una grande mostra su Oplontis, l’antica città sepolta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., è dunque in programmazione negli Stati Uniti d’America per il biennio 2016-2018. Una mostra che presenterà al pubblico americano alcune tra le meraviglie rinvenute nel sito della provincia di Napoli, che ha condiviso con Pompei, Ercolano e Stabia la storia catastrofica che ne interruppe la vita nel 79 d.C. per l’eruzione del Vesuvio e la storia archeologica ed antiquaria. A farsi carico di questo grande impegno, che comprende attività di scavo, ricerca, catalogazione, restauro e musealizzazione, è l’Università di Austin in Texas che da dieci anni ha messo in campo un ambizioso progetto di studio e recupero: The Oplontis Project.
Durante la serata il Prof. Clarke ha spiegato ai numerosi presenti in sala non soltanto quale sarà l’allestimento museale della mostra su Otium e lusso nell’età neroniana nel sito di Oplontis ma anche mostrato l’avanzamento dei lavori svolti dal team di ricerca americano, coadiuvato dalla Soprintendenza di Pompei e da alcuni ricercatori del polo universitario napoletano. Oggetto delle ricerche sono la Villa A, meglio nota come Villa di Poppea e la Villa B, ritenuta di proprietà di Lucio Crasso Terzo.
Interessante e complesso il lavoro di catalogazione dei reperti mai studiati prima, la corretta attribuzione di alcuni frammenti di affreschi agli ambienti della Villa A, le indagini isotopiche sui marmi antichi e il progetto di musealizzazione che vedrà ricostruiti alcuni ambienti delle ville sia negli arredi che nelle decorazioni architettoniche. Il progetto lascerà traccia di sé in alcune pubblicazioni che verranno diffuse in ebook gratuiti in inglese ed italiano da ACLS Humanities E-Book, un data base che costituirà un punto di partenza per ulteriori studi e modelli ricostruttivi 3D.
La mostra, pensata per il mondo accademico americano, vuole essere anche occasione per un corposo studio monotematico su Oplontis. Non avrà costi d’ingresso eccessivi, come sottolinea il Prof. Clarke, “a differenza della grande esposizione londinese su Pompei, la mostra è pensata per gli studenti e di conseguenza non avrà un biglietto di ingresso oneroso”.
L’idea della mostra nasce dagli studi di Regina Gee (Montana State University), responsabile degli studi sugli affreschi della Villa A, che ha concepito una esposizione sul lusso della Villa di Poppea e sul commercio, elemento cardine della Villa B. Nel 2009 sono stati chiesti i doverosi permessi alla soprintendenza ed è iniziato il progetto di allestimento curato da Elaine Gazda (University of Michigan). Il prof. Clarke è coadiuvato nella direzione dal Prof. Michael L. Thomas e Ivo van der Graaff.
Attraverso un efficacissimo rendering è stata mostrata al pubblico l’idea di allestimento per la mostra itinerante che coinvolgerà il Kelsey Museum of Archeology dell’Università del Michigan, il Museum of the Rockes della Montana State University, lo Smith College in Massachussetts, il San Antonio Museum of Art in Texas. Nella prima sede, il Kelsey Museum of Archeology, che ospita oltre centomila reperti provenienti dall’area del mediterraneo ed una sala che ricostruisce a grandezza naturale gli affreschi della Villa dei Misteri di Pompei, l’esposizione oplontina occuperà uno spazio di 232 mq.
Sarà esposto un frammento trovato nel 2006 che faceva parte del calidarium delle terme e riutilizzato tra i materiali del terrazzamento della piscina; saranno presenti gioielli e otto sculture decorative dei giardini della villa di Poppea: la Nike, la meridiana, due ritratti commemorativi, due erme di Ercole che si integreranno con la ricostruzione dell’ambiente dal punto di vista decorativo ed architettonico. Sarà dato spazio non solo alle decorazioni di lusso ma anche agli oggetti di vita quotidiana provenienti dagli ambienti servili per avere una panoramica anche sulle abitudini degli schiavi. Tra gli oggetti di uso giornaliero: bottiglie di vetro, un bruciatore di incenso, lucerne e poi elementi architettonici che cercheranno di dare il senso dell’imponenza della villa, antefisse, capitelli verranno incorporati nello spazio espositivo.
È stato pensato anche uno spazio per la didattica oltre gli spazi museali.
Ancora altri sono gli studi in programma, come l’analisi degli oltre 50 scheletri rinvenuti nella villa B e per cui l’Oplontis Project si sta impegnando per la ricerca di finanziamenti.
Nelle parole di Vincenzo Marasco l’auspicio che questo grande progetto espositivo possa, dopo il biennio americano, ripetersi anche sul territorio che sente la necessità di riappropriarsi del proprio passato e del patrimonio che è suo di diritto.
(La fotografia è tratta dalla pagina facebook relativa all’evento e fa parte del progetto di musealizzazione del Prof. Clarke)