Condivisione e mutazione sociale, culturale e comportamentale dei linguaggi dell’arte di questo millennio è il principio che governa l’opera di Domenico “Mimmo” Di Caterino uno dei 101 partecipanti all’evento artistico internazionale in corso a Rovereto “Human Rights? #La Casa della Pace I The House of Peace”.
Colombia, Israele, Egitto, Canada, Filippine, Perù, Bulgaria, Cuba, Germania, India, Spagna sono solo alcune delle provenienze degli artisti selezionati per l’evento, giunto quest’anno all’ottava edizione e che ha richiamato negli ultimi anni di attività l’attenzione di artisti e pubblico diventando una delle proposte più interessanti nel panorama internazionale.
L’evento vuole discutere di pace e partecipazione come impegno quotidiano seguendo l’esempio dei grandi personaggi ed eventi che hanno contribuito a costruire la pace negli ultimi novant’anni, periodo di vita festeggiato quest’anno dalla Campana dei Caduti di Rovereto curata dalla Fondazione Opera Campana dei Caduti che si è rivolta a Spazio Tempo Arte per la direzione artistica dell’evento.
Tra le opere esposte quella di Di Caterino permette l’interazione con lo spettatore, viene infatti “prelevato e firmato liberamente dallo spettatore, che lo firma al posto mio, posta una foto di se stesso insieme al lavoro sul mio profilo facebook e autentica l’operazione artistica attraverso la condivisione di senso. In realtà il vero autore è lo spettatore – spiega Domenico “Mimmo” Di Caterino – che firma e condivide l’operazione. Il lavoro è impostato sul senso dei linguaggi e dei processi artistici anteposti al prodotto, il valore del tutto in quanto processo è da cercare nel valore affettivo, simbolico e comunitario come fondamento di determinazione di un prodotto artistico”.
“Il diritto del dono dell’artista” è il titolo dell’opera costituita da 100 fogli schizzati di carta da spolvero.
Domenico “Mimmo” Di Caterino è nato a Napoli nel 1973, qui ha frequentato l’Accademia di Belle Arti e svolto i primi studi, partecipando a rassegne d’arte contemporanea nazionale ed internazionale. Nel 2006 si data la collaborazione con la sua compagna e moglie di arte e di vita Barbara Ardau e in quello stesso anno nasce il “Santa Barbara open, free and full project”, un tentativo virale e performatico comportamentale per ridiscutere e rinegoziare i criteri qualitativi e meritocratici che regolano il sistema dell’arte. Dal 2011, forte di questo legame di vita, firma le opere non solo a suo nome, ma anche a nome della moglie, “finché arte non li separi” – spiega l’artista.
“Da due anni invece la firma è demandata direttamente allo spettatore – conclude l’artista – un linguaggio, un gesto, uno stile non ha bisogno di una firma per essere riconoscibile, ma di condivisione e partecipazione, la memoria è un percorso storico e culturale collettivo”.