Cannabis CBD e normativa italiana: in attesa del referendum

La legalizzazione della cannabis è un tema ancora molto acceso che divide l’opinione pubblica da tempo immemore. Nonostante gli svariati studi riportati dai sostenitori della marijuana legale sui suoi effetti benefici, a oggi sono tante le perplessità in merito.

Com’è previsto dalla legge 262/16, è possibile acquistarla presso negozi fisici ed e-commerce: per esempio, si può trovare dell’hashish legale di qualità su Justbob, una delle aziende più attive del settore. Ma che dire della diatriba secondo la quale il CBD crea dipendenza?

Il Ministero della Salute è stato molto chiaro a riguardo, ma poi ha immediatamente fatto dietrofront a seguito delle polemiche. In una situazione in cui le cose non risultano ancora del tutto cristalline, questo articolo ha l’obiettivo di fare un po’ di chiarezza.

Cannabis a base di CBD legale: le incertezze tra decreti apparentemente in contraddizione e il referendum in via d’approvazione da parte della Corte Costituzionale

Decreto ministeriale dichiara il CBD un farmaco che dà dipendenza: ma l’OMS non è dello stesso avviso

Negli ultimi anni la questione sulla sicurezza del CBD è rimasta al centro sul tavolo di discussione tra le organizzazioni più autorevoli. Proprio per la rilevanza di tale argomento, sono ancora tanti i punti di alterco che necessitano di soluzione.

Infatti, lo Stato italiano e altri dipartimenti competenti come l’Organizzazione Mondiale della Sanità si sono espressi diversamente in merito agli effetti di CBD.

Se l’OMS ha riconosciuto il cannabidiolo come sostanza naturale e sicura, il Ministero ha emanato un decreto il primo ottobre 2020 in cui apportava alcune modifiche al DPR 309/90, classificando il CBD come farmaco prescrivibile con ricetta non ripetibile.

Quest’ultimo è stato infatti inserito nella sezione B della Tabella dei Medicinali, nella quale sono presenti tutti i farmaci che causerebbero uno stato di dipendenza a livello fisico e/o mentale.

In parole povere, con questo decreto, il Ministero ribadisce la pericolosità del CBD in quanto sostanza stupefacente che darebbe dipendenza ai suoi consumatori; perciò ne vieta l’utilizzo per uso personale o ricreativo, mettendo così in difficoltà un intero comparto di lavoratori che oggi vende prodotti a base di questa sostanza.

Questo decreto, quindi, entra in contrasto non solo con le dichiarazioni dell’OMS, ma anche della World Anti-Doping Agency (WADA), che nel 2018 ha rimosso il CBD dall’elenco delle sostanze pericolose, dando il via libera al suo consumo tra gli atleti.

Tuttavia, il Ministero sembra aver fatto marcia indietro con il DM del 28 ottobre 2020, così da far tirare un sospiro di sollievo a canapicoltori e consumatori.

Legalizzazione cannabis? “La scelta migliore, visto che oggi si ha un giro di spacciatori che vendono droghe molto più pericolose”: queste le parole di Ornella Muti a Sanremo

Tra i vari retroscena del palco dell’Ariston che alimentano pettegolezzi e polemiche di ogni sorta, anche l’attrice ospite al festival Ornella Muti è stata oggetto di discussione.

Infatti, prima della serata, l’attrice aveva pubblicato una foto che ritraeva sé stessa e sua figlia con indosso una collana dal ciondolo a forma di foglie di marijuana. E di conseguenza, non sono mancate le domande a riguardo.

Dispiaciuta per il fraintendimento creatosi, lei stessa dichiara alla stampa: “Non giro certo per i festival donando canne. Io sono per la cannabis terapeutica, non per la canna ludica e difendo il diritto delle persone di dire ‘io mi voglio curare così, io mi sento bene così’”.

E questa dichiarazione non fa altro che dar voce a tanti italiani che aspettano il responso della Corte Costituzionale del 15 febbraio, in cui si capirà se ci sarà o meno il tanto atteso referendum.

Cannabis legale? La decisione di far esprimere il parere dei cittadini spetta alla Corte Costituzionale

Dopo la validazione delle firme che si sono raccolte nelle ultime settimane, la Corte Costituzionale deve valutare se ci sono i presupposti per un eventuale referendum in cui finalmente i cittadini sarebbero chiamati a esprimere il loro parere.

Ed è proprio nella giornata del 15 febbraio che si decideranno le sorti di questo referendum e tanti altri, come quello sulla legalizzazione dell’eutanasia.

Se il responso sarà positivo, i cittadini saranno chiamati a votare presumibilmente nella primavera di quest’anno.

La richiesta è quella di modificare alcuni articoli del DPR 309/90; in particolare, si richiede l’abrogazione di quelli che riguardano:

  1. l’incarcerazione (dai 2 ai 6 anni) e le sanzioni (da 26mila a 260mila euro) per la coltivazione, l’uso e il consumo di cannabis;
  1. la sospensione della patente di guida (lettera A dell’articolo 75 del DPR 309/90).

Sebbene la legge 262/16 sembrava aver risolto la questione della destinazione della coltivazione di canapa, a oggi si ritiene che l’articolo 2 necessiti di maggiori chiarezza e ampliamento.

In questo modo, la coltivazione di cannabis verrebbe depenalizzata (escludendo, ovviamente, lo spaccio).

Sono in tanti a sperare nell’approvazione da parte della corte, come l’attivista dell’Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, il quale commenta così: “Questi referendum devono essere considerati come un’occasione per il rilancio della democrazia del nostro Paese attraverso la partecipazione dei cittadini”.

A maggior ragione è attesa una risposta, dati i recenti accadimenti su suolo europeo: l’esempio più lampante è rappresentato dalla sentenza del 19 novembre 2020 emanata dalla Corte Europea, che impedisce a uno Stato membro di vietare la commercializzazione del cannabidiolo legalmente prodotto in un altro Stato membro purché sia interamente estratto dalla pianta di cannabis sativa.

Conclusioni

In una situazione come quella odierna, dove l’ Unione Europea sembra muovere dei passi in avanti verso la legalizzazione della cannabis a base di CBD, gli italiani si aspettano che la propria nazione faccia altrettanto.

Nonostante il decreto ministeriale del primo ottobre riconoscesse il CBD come farmaco, a oggi la situazione sembra migliorare. Infatti, la relegazione di tale sostanza a medicamento, sarebbe deleterio per i canapicoltori, che vedrebbero i frutti dei loro raccolti andare nelle mani delle case farmaceutiche senza avere un ritorno economico dignitoso.

Per questo è richiesta una maggiore tutela da parte dello Stato, sostenendo così migliaia e migliaia di lavoratori su tutto il territorio nazionale.

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