I presidi Slow Food, gli abbinamenti e la loro storia
Vallo di Diano, patrimonio dell’Unesco, fertile altopiano al confine tra la Campania e la Basilicata, vanta una antica tradizione norcina: salsiccia e soppressata vengono lavorate a mano, tagliando a punta di coltello la carne di soli suini locali: spalla, pancetta, lombo e prosciutto per la salsiccia e parti magre e lardo del dorso per la soppressata. Il clima temperato del luogo favorisce una corretta stagionatura.
La tradizione norcina nel Vallo di Diano è attestata da secoli e affonda le sue radici nelle attività agricole dell’area, da sempre dedite all’allevamento e alla pastorizia, infatti in un documento del comune di Diano (l’odierno Teggiano) risalente all’epoca medievale si attesta che: supersatae et farciminasivesalcitiae bene confectae, vendantur ad rationem pro quolibet rotolo, et adprovisionem Catapanorum, cioè che soppressate e salsicce si vendono in quantità di un rotolo (circa 1 chilogrammo) e al prezzo stabilito dai catapani (delegati comunali addetti al controllo sulle vendite in piazza), il brano trecentesco citato costituisce un’inoppugnabile prova dell’origine antichissima della salsiccia e della soppressata del Vallo di Diano.
A caratterizzare la salsiccia e soppressata del Vallo di Diano sono, appunto, la laboriosa selezione e lavorazione della carni che avviene manualmente, dopo l’asciugatura e una stagionatura successiva di 30-40 giorni, l’eventuale conservazione del prodotto avviene secondo la tradizione sottolio o sotto grasso, in barattoli di vetro o terracotta.
La laboriosa lavorazione a mano operata dai norcini più esperti rende questo prodotto ormai sempre più raro da reperire anche sul territorio, a rendere la situazione ancora più difficile la scomparsa progressiva degli allevamenti nella zona; ormai molti di quelli un tempo presenti si limitano a produrre per il consumo familiare.
Il Presidio Slow Food riunisce alcuni norcini e aziende agricole che continuano a produrre salsicce e soppressate secondo tradizione impiegando carni suine provenienti da allevamenti locali e che utilizzano per nutrire i maiali prodotti agricoli dell’area per almeno il 60 per cento, l ’obiettivo è valorizzare la realtà agricola locale attraverso queste produzioni e rilanciare un’economia del territorio legata alla filiera suina.
Il modo migliore per degustarle ed assaporare fino in fondo la loro alta qualità? A casa con amici in compagnia di un buon pane e Cilento rosso Doc, vino di gran pregio, colore rubino e profumo intenso e persistente, fruttato di ciliegia e marasca; sapore secco, caldo, morbido, giustamente tannico, sapido, di corpo, abbastanza equilibrato, con gradevole sensazione finale amarognola; ha una gradazione alcolica minima di 11,5°C. Si imbottiglia dopo una attenta e curata maturazione, in pochissime quantità data la ridotta produzione. Si serve a temperatura ambiente dopo averlo stappato una o due ore prima di servirlo.