L’Associazione A Braccia Aperte, ricerca uno spazio per ospitare il progetto formativo “La Brigata del Papa”
Il progetto “La Brigata del papa” è l’espressione più autentica del servizio educativo offerto dell’Associazione A braccia aperte – Qui è Casa, che da circa nove anni è attiva sul territorio di Gragnano. Si tratta di una startup sperimentale per la formazione di ragazzi con diverse abilità, che nasce grazie alla solidarietà e all’apporto gratuito di diversi professionisti. Lo studio Mad Consulting ne hanno curato la progettazione, mentre si sono occupati della formazione Giulia Capece, per il laboratorio di cioccolata ed il maestro Franco Pepe per quello della pizza e della la panificazione.
In questi mesi, la Parrocchia del Carmine di Castellammare di Stabia, è stata per l’Associazione sostegno efficace, mettendo a disposizione per le attività gli spazi della cucina solidale. La mission e la motivazione del progetto, sono date dal fatto che l’agroalimentare, può rappresentare una risorsa valorizzante per l’uomo e la sua dignità.
Il raggiungimento di questo obiettivo, passa attraverso la proposta di percorsi Abilitativi per l’inserimento lavorativo e l’inclusione sociale; percorsi autentici di formazione che permettano ai ragazzi di esprimere le proprie risorse e abilità non in maniera occasionale, ma stabile e duratura.
“Nasce da qui l’esigenza ed il desiderio di realizzare una fattoria sociale al passo Pedagogico Clinico ®️, che rappresenti uno sbocco operativo di tutto il prezioso lavoro formativo. Abbiamo bisogno di uno spazio, una terra che possa essere coltivabile con un casale e delle stanze dove poter realizzare i laboratori e i percorsi dei nostri ragazzi. Questo è ciò che ci spinge ad andare avanti ed è il messaggio che cerchiamo di trasmettere ai nostri destinatari fin dalla nostra costituzione: loro sono preziosi”- è l’appello di Tari Nastro, pedagogista clinico, che insieme a Fiorenza di Martino e Anna Nastro, gestiscono con professionalità e passione il progetto.
“La formazione deve essere dentro un progetto di vita, a noi non interessa fare scuola di formazione, ma fare in modo che quei percorsi siano abilitanti per loro. L’incubo dei genitori dei nostri ragazzi, è pensare che tutto finisca al termine del progetto. Pensare che i loro figli, riescano a non avere un dopo di noi assistenzialistico, ma lavorare delle loro potenzialità, li riempie di speranza e li gratifica” – conclude.