Il fascino, il mito e il pericolo: la Solfatara

Alla scoperta del più grande vulcano dei Campi Flegrei, la cui storia alimenta la leggenda

La Solfatara, con i suoi 33 ettari di estensione, costituisce il più grande ed il più interessante vulcano dei Campi Flegrei. Formatasi in seguito ad una eruzione avvenuta 5.000 anni fa, attualmente si trova  in stato di quiescenza.

Per i Greci era conosciuta come Hephaistou Agorà, poichè ritenevano che in questo luogo si trovasse la fucina del Dio degli Inferi; per i Romani, invece, era il Forum Vulcani. L’attuale denominazione deriva dal tardo latino, Sulpha Terra. Inoltre, secondo la tradizione, in questo affascinante luogo, nel 305 d.C. sarebbe avvenuto il martirio di San Gennaro.

La Solfatara è stata aperta al pubblico nei primi anni del 1900, divenendo fin da subito meta privilegiata dei viaggiatori del Grand Tour e da allora continua ad incantare ogni giorno migliaia di visitatori. L’itinerario parte attraversando un sentiero boscoso che conduce il visitatore direttamente all’interno di questa conca brulla, situata a 95 metri sopra il livello del mare. Numerosi cartelli aiutano ad orientarsi all’interno del cratere, attraverso il percorso che si snoda lungo il perimetro interno del vulcano.

La visita parte dalla Fangaia, ciò che resta di un lago vulcanico. È costituita da acqua piovana ed acqua di condensazione che mescolandosi con l’argilla del suolo formano il fango. Osservandola, la sensazione è che il fango sia in ebollizione, ma non è così. La temperatura infatti non supera i 50°, le bolle sono prodotte dal vapore che fuoriesce dalle fumarole sottostanti. Le striature più chiare invece, sono la traccia della presenza di un batterio che è riuscito a sopravvivere adattandosi all’alta temperatura, chiamato Archeobatterio. Nei pressi della Fangaia è visibile anche un pozzo, costruito nei primi anni dell’800 per estrarre l’acqua dalla falda sottostante. L’acqua della Solfatara, dal particolare gusto simile al limone, era ritenuta altamente curativa per la pelle, per i nervi e persino per la sterilità. La profondità del pozzo varia a seconda delle fasi del Bradisismo. I fanghi invece fin dall’antichità venivano usati per scopi terapeutici, nella biglietteria è ancora visibile una macchina che veniva utilizzata per inscatolarli. Dal suolo della Solfatara veniva estratto anche l’Allume che ha proprietà emostatiche ma veniva utilizzato anche per fissare i colori sui tessuti e persino nei filtri d’amore. La terra è ricca anche di caolino o bianchetto, utilizzato  nel XVIII secolo nella Fabbrica di Porcellana di Capodimonte.

Si passa poi alle Fumarole, la più evidente manifestazione dell’attività vulcanica della Solfatara. Le Fumarole sono getti di vapore acqueo provocati dall’evaporazione dell’acqua della falda sotterranea che viene riscaldata dalla vicina camera magmatica. La principale Fumarola della Solfatara è la Bocca Grande, formatasi 4.000 anni fa, mentre la Bocca Nuova si è formata durante la crisi del Bradisismo che ha colpito la zona di Pozzuoli negli anni ’80.

Proseguendo il giro si incontrano infine Le Stufe, due antiche grotte rivestite in muratura, scavate nella montagna alla fine dell’800. Chiamate Purgatorio ed Inferno avevano una temperatura interna di 60° e 90° e venivano utilizzate per sfruttare i vapori della Solfatara per usi terapeutici. Questi infatti  erano ottimi per la cura delle vie respiratorie.

Prima di uscire le Guide coinvolgono i visitatori in un simpatico esperimento. Facendo cadere un masso a terra si avverte un rumore di vuoto, ma tranquilli, è solo un’impressione!  Il suono è dovuto alla porosità degli strati rocciosi vulcanici di cui il suolo della Solfatara è composto.

Il costo del biglietto è di 8 euro. La Solfatara è aperta al pubblico dal lunedì alla domenica: 8.30 – 19.00 da Aprile a Ottobre, Lunedì – Domenica: 8.30 – 16.30 da Novembre a Marzo.

A cura di Alessia Crocifoglio

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