Inaspettate presenze nelle chiese di Napoli

Due esperienze tra sacro e profano, il sottile confine tra il regno dei vivi e quello dei morti

Ho la fortuna, grazie al mio lavoro, di poter spesso entrare in luoghi a volte chiusi da anni e di non facile accesso. A volte non sono solo quadri ed affreschi ad aspettarmi, ma anche presenze inaspettate che si aggirano per cappelle, cripte e sagrestie. D’altronde Napoli è una città magica, dove sacro e profano si intrecciano in maniera tale che il più delle volte un aspetto non può prescindere dall’altro. Da noi la morte è solo un’accidente, e magari anime erranti sono ancora su questa terra, a ripetere le azioni che in vita compivano. Questo fil rouge che lega l’aldiquà e l’aldilà è da sempre presente nella cultura napoletana: basti pensare al culto delle anime pezzentelle, la smorfia che ricava i numeri da giocare al lotto dai sogni o la superstizione che accompagna la quotidianità, perché “non è vero, ma ci credo!” e comunque… non si sa mai.

Vi racconto due esperienze che ho fatto in prima persona, che mi hanno sempre più convinto che qualcosa c’è ed a volte in determinate condizioni, si manifesta.

La Chiesa di San Potito: passi di suore nel buio?

Situata nel centro storico di Napoli, la chiesa è chiusa da qualche anno. Una mattina, in attesa dei tecnici per i rilievi mi ritrovai completamente da solo in questa enorme struttura, nata agli inizi del Seicento ed abitata da Benedettine. Le suore di clausura avevano fatto costruire, come imponeva la prassi, un corridoio che portava in chiesa dal monastero, dove attraverso delle grate potevano assistere alla Messa senza essere viste, dall’alto. L’unica via di accesso a questo corridoio era la scala che poi conduceva, scendendo circa due piani, nella navata. Dall’altro lato invece la porta che andava verso le celle delle religiose era stata murata.

Iniziai a sentire rumori, come se qualcuno stesse parlando, un vociare che mi è sembrò strano, ma visto che siamo in una zona abbastanza centrale, pensai fossero rumori provenienti dall’esterno. Man mano che mi avvicinavo alla scala, queste voci si facevano più forti, fino a quando non ho sentito, in modo chiaro e distinto, dei passi. Qualcuno (o qualcosa?) stava scendendo per quei gradini. Senza indugio salì piano, ero curioso di vedere e capire. Non ebbi paura, anzi, queste situazioni mi intrigano. Arrivato in questo corridoio cieco le voci all’improvviso smisero, un silenzio tombale, ma mi sembrò di vedere, in fondo nell’ombra, figure nere muoversi. Andai fino infondo, ma niente, appena rientrai nella navata, ecco che le voci ripresero, per poi fermarsi quando sono arrivati i tecnici.

La Chiesa di San Potito non è nuova a questo genere di storie.

La Chiesa di San Pietro ad Aram: sentirsi osservati

Un pomeriggio ero nella cripta romana che venne utilizzata, dai primi cristiani, come un luogo di sepoltura: una vera e propria catacomba. Il ragazzo che mi accompagnava, che ne era il custode, si assentò lasciandomi solo a vagare per quei cunicoli.

Ebbi la costante sensazione di essere osservato, ma c’era un punto preciso che mi attirava. Dovunque mi girassi l’attenzione ritornava li, come se ci fosse una forza che mi attirava in quel punto preciso. Giurerei di aver sentito, quel giorno, nitidamente il mio nome, ma poiché ero in compagnia, pensai fosse il custode. Quando ritornò e negò di avermi chiamato, rimasi abbastanza perplesso. Quando gli chiesi di quel punto, non rimase sorpreso, mi spiegò che li dentro c’erano murati centinaia di corpi, perché era l’accesso ad una terrasanta, anche se esternamente non c’era nulla che poteva farlo presagire.

Mi confidò che non era inusuale il fatto di sentirsi chiamare li, secondo la sua interpretazione infatti, li sotto il confine tra i vivi ed i morti è più sottile e possono comunicare con anime più percettive.

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